Non è il caso di stupirsi. La Croazia avanza, come era accaduto in fase di qualificazione allora penalizzata in classifica per colpa dei soliti delinquenti che si porta come bagaglio a mano lontano dal Paese. Non più ustascia (chissà?) ma gente da tenere a distanza come la squadra di football, maestra di gioco, tosta fisicamente, ben preparata atleticamente, artisti forse inaffidabili secondo usi e costumi di quella fetta dell'Europa che da sempre ha fornito, a qualunque disciplina sportiva, atleti unici, geniali, creativi e, spesso, bruciati in fretta. Questa nazionale ha i segni caratteristi di uno squadrone, tecnica e potenza, un profilo che fa tornare alla mente la Danimarca che andò a vincere il titolo europeo nel 1992, torneo breve, otto squadre in tutto ma con il coniglio nel cilindro, perché i danesi vennero richiamati al fronte svedese dopo la squalifica della Jugoslavia in guerra.
La Jugoslavia fatta di serbi e di croati, di sloveni e bosniaci, di montenegrini e macedoni, lingue, religioni, abitudini diverse, opposte, popoli feriti a morte dalla guerra (in)civile. Ventiquattro anni dopo, le scorie non sono state del tutto assorbite, le altre rappresentative dell'ex terra del maresciallo Tito si sono smarrite, la Croazia raggruma i migliori elementi, Modric è il simbolo ma la generazione degli IC non è un diminutivo, come insegna la storia araldica serba e croata, è cosa forte ed elegante, Rakitic, Brozovic, Perisic, Kalinic questi ultimi tre personaggi e interpreti della nostra serie A come Kovacic destinato a essere una premessa o una promessa eterna, all'Inter ieri, al Real Madrid oggi, in nazionale domani. E nessuno parla ancora del Cacicismo, perché Ante Cacic è sconosciuto ai più, fuori dal suo Paese ha messo piede soltanto in Libia, è laureato, dunque non appartiene alla tribù di quelli che solo il football, non gode di stampa cortigiana, la sua assunzione come cittì fu contestata fino al momento della firma ma la fatica più grande è aver messo assieme una squadra che, pur giovane ha già l'esperienza che i suoi uomini hanno accumulato nei vari club continentali, dal Real al Barcellona, dall'Inter alla Juventus. Il totale è un gioco di potenza e di velocità di disciplina tattica attenta e di fulmineo contropiede, arti che hanno fatto saltare all'aria il tabellone continentale anche per i demeriti altrui.
Si vive anche di memorie, dunque, perché non ricordare Davor Suker e i suoi gol mondiali e oggi presidente della federcalcio di Zagabria? Perché non dire di Boban che ha ispirato il Milan intercontinentale e oggi fa l'assistente di Infantino presidente della Fifa? Dunque non stelle cadenti ma pianeti e punti di riferimento. Il calcio europeo deve fare i conti con una realtà che appare improvvisa dopo la vittoria sulla Spagna ma che aveva già presentato le proprie credenziali nella fase di qualificazione. Se ne sono accorti anche gli allibratori, la quota della Croazia vincente sulla Spagna era data a 4,60.
Oggi la quota della Croazia vincente il titolo è a 8, la stessa del Belgio, alle spalle di Francia (5), Germania (5,5), Spagna (6) mentre l'Italia è staccata, la quota è 13, addirittura dietro Inghilterra e Portogallo. Si potrebbe anche giocare qualche euro.
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