In un simile momento bisognerebbe stringersi attorno al malato. La Ferrari F1. Sarebbe necessario sorreggerla, proteggerla, accudirla, mostrare comprensione. Nel dopo tonfo del Bahrein, noi ed altri siamo stati duri; nel dopo tonfo d'Arabia noi ed altri siamo stati molto duri. Arrivati a questo punto, infierire non ha più senso; il malato va curato o almeno capito. Meglio provare a individuare le ragioni della malattia. La sensazione è che la Ferrari F1 sia affetta da una crisi di confusione a più livelli: nel team, nell'azienda, nei vertici. Con, al momento, un solo incolpevole: l'uomo con il cerino in mano, Fred Vasseur. Il manager francese ha ereditato mancanze o sottovalutazioni di altri e una monoposto nata male. Situazione complessa a cui si potrebbe ancora rimediare, come insegna il boss Mercedes Toto Wolff, che di fronte a un'auto ballerina ha annunciato «rimetteremo mano al progetto» pur di ritrovare la competitività. Solo che a Maranello c'è confusione, non si capisce bene chi comandi davvero e, soprattutto, quanto ancora interessi veramente la competitività della Rossa F1 al presidente Elkann. Come se da qualche anno le priorità fossero diverse: prima di tutto la Ferrari prodotto che macina record di vendita e regala dividendi milionari nonostante gli insuccessi della sorella in F1; poi l'avventura con la Ferrari hypercar in un campionato marginale (pole e podio a Sebring mentre Leclerc e Sainz affondavano in Arabia) però funzionale anch'esso alla produzione; e solo dopo il team Ferrari di F1 utile ad alimentare unicamente il mito (ma un mito vive di rendita) e a far felici i tifosi. Tutto questo mentre sul profilo Linkedin dell'Ad del Cavallino, Benedetto Vigna, si legge l'offerta di un posto per un tecnico dei sensori (non F1).
Una via social e inusuale a questi livelli per ricercare del personale ma che suona stonata e inopportuna sapendo che la Ferrari non è solo una grande azienda, bensì una passione, una fede, una chiesa. Per cui non aiuta il mito e, oggi, fra tecnici che vanno e altri che non vengono, confonde ancor di più.
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