di Benny Casadei Lucchi
Ferrari Rex non è un libro che ricorda Enzo Ferrari. È un libro che lo riporta in vita. Lo fa per tutti coloro che non hanno avuto la fortuna di conoscerlo. Lo fa per chi l'ha frettolosamente dimenticato. Lo fa per coloro che vivono, tifano, corrono, comprano nel mito di Ferrari senza comprendere veramente l'entità del mito stesso. Luca Dal Monte, un lungo passato alla comunicazione Ferrari e Maserati, oltre che autore di diversi libri e del romanzo La Scuderia, è riuscito a resuscitare questo «grande del Novecento» come recita il sottotitolo della sua opera. Per riuscirci ci sono voluti otto anni di ricerche e interviste e 1.100 pagine che si leggono come se fossero 100 tanto è coinvolgente lo stile. Perché è, sì, una biografia, la più completa mai pubblicata sul Drake, ma nello stile è anche un romanzo che accompagna il lettore dentro gli spesso complicati pensieri di Enzo Ferrari.
Perché Ferrari Rex?
«Perché anni fa, un grande ex campione della Rossa, Phil Hill, mi disse che Ferrari era come un Re e noi piloti i suoi cavalieri del rischio.... E poi perché è un titolo che non ha bisogno di traduzione».
Emerge un Ferrari forte e tenace sul lavoro, ma debole negli affetti.
«Tipico di molti grandissimi. Faccia caso: anche Churchill era così. Per sua sfortuna, Ferrari per tutta l'esistenza è andato alla ricerca della donna della vita. Che in fondo ha trovato in un puzzle di tre compagne tutte fondamentali, ma con una più fondamentale: Lina Lardi, la mamma di Piero».
Un puzzle?
«Sì, lui onorò fino alla morte la moglie, Laura Garello. Perché fu la prima ad avere fiducia in lui quando, senza risorse, iniziò la propria carriera di pilota e concessionario. E poi era la madre di Dino, il primo figlio scomparso a 24 anni per distrofia muscolare. Lina, donna di estrema intelligenza, sempre rimasta nell'ombra, è però stata l'unica in grado di dargli serenità. E poi Fiamma Breschi, per lui la rincorsa della gioventù. Ma dopo tante ricerche resto convinto che Ferrari avrebbe fatto carte false per poter incontrare per prima Lina. Sarebbe stata l'unica donna della sua vita».
Si scopre che Ferrari fu un grande pilota. Eppure non se ne parlò mai.
«Perché fu lui a voler portare la gente a credere così. Come se temesse che le proprie gesta passate da pilota potessero oscurare quelle imprenditoriali alla guida della Scuderia Ferrari».
Appunto, Scuderia. Il team per dirla in modo moderno, che schierava le Alfa Romeo dei grandi del passato, in primis Tazio Nuvolari.
«Esatto. Spesso ci si dimentica che parlando di Nuvolari e Alfa si sta parlando - e spesso - di Ferrari. Quanto al pilota Ferrari, negli anni Venti arrivò secondo a una Targa Florio e vinse la Coppa Acerbo che all'epoca era una gara di grande prestigio. E lo fece con un'auto di categoria inferiore. Dalle cronache dell'epoca emerge che dopo Campari e Antonio Ascari, in Italia c'era Ferrari».
Gli sarebbe piaciuta la F1 di oggi?
«Sì, avrebbe borbottato, avrebbe minacciato di ritirare la squadra ma alla fine avrebbe corso perché correre è sempre stata la sua ragione di vita».
E questa Ferrari in crisi?
«Anche. Perché avrebbe apprezzato vederli lavorare a testa bassa per tornare in alto. In fondo ne aveva vissuti tanti anche lui di momenti bui in F1».
(Ferrari Rex, Ed. Giunti-Nada, pp. 1.101, euro 28)
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