Dal nostro inviato a Monte Carlo
È impossibile misurare una sconfitta. Ieri, per esempio. Tra Kimi Raikkonen in pole dopo centoventotto Gran premi, nove anni, una vita, un divorzio, un ritiro dalla F1, un ritorno, una seconda moglie e due figli, ecco, tra lui e Seb Vettel subito dietro c'erano la bellezza di 43 millesimi. Cioè niente. Eppure uno ha preso la pole, l'altro l'ha visto prenderla. Per esempio, tra lo stesso Seb e Lewis Hamilton. L'inglese oggi scatterà con il 14° tempo e dalla tredicesima posizione solo per retrocessioni altrui, ma si è rivelato incapace di domare la sua Mercedes in Q2 e, all'ultimo, in balia di un set up sbagliato, si è fatto beffare dal destino abortendo il giro clou a causa di un collega spatasciato alle piscine. Tra i suoi migliori tempi in Q1 e Q2 e la pole di Raikkonen con record della pista (1.12.178) passano, a scelta, o un secondo e quattro o due secondi tondi. Un'eternità. Non i 43 millesimi subiti da Vettel. Eppure, le facce dell'inglese e del tedesco sono uguali: stessa espressione figlia di un morale a pezzetti.
Perché dal sabato rampante sono usciti entrambi sconfitti. A questa gente abituata a giochicchiare con la vita pur di arrivare al traguardo davanti all'altro, importa mettere dietro i rivali e punto. Non fa differenza se poi sono il battito di ciglio di 43 millesimi o il lungo sbadiglio annoiato di un secondo e 4. Importa invece mandare messaggi ai rivali, compagni inclusi, ovviamente. E allora succede che l'umore mesto di Hamilton, che in un Gp dove i sorpassi sono vietati si ritrova a partire in mezzo al gruppone, sia uguale a quello di Seb che oggi scatterà comunque dalla cima. Per la prima volta quest'anno - della passata stagione meglio non parlarne - Kimi Raikkonen, quello bollito, quello a fine carriera, quello che gli rinnovano i contratti perché è veloce il giusto e tranquillo il giusto, gli ha però mollato un ceffone. E nella corsa dove più conta stare davanti visto che non si supera mai e a maggior ragione da quest'anno con i macchinoni muniti di gommoni.
«Non so perché vi aspettiate che al via succeda qualcosa di diverso dagli altri anni, volete solo creare una stupida storia dal nulla» dice il nordico alla sua maniera, mentre Seb, come un ritornello mandato a memoria, aggiunge «sappiamo cosa fare al via, siamo qui per correre e la prima curva conta, e la gara conta, e vediamo che succede». Piuttosto, dirà dopo il tedesco, «ho voluto troppo, sono stato avido e alla fine non ho fatto il giro e il tempo che erano alla mia portata».
Perché a Vettel rode da morire che non porti la sua firma la giornata di sommo gaudio ferrarista per la prima fila che nel Principato mancava da nove anni, stagione 2008, con Massa davanti e Raikkonen accanto. Per la verità, a Seb rodono parecchie altre cose. E va capito. Ha sei punti di vantaggio su Hamilton finito nella sabbie mobili, ha per le mani un'occasione d'oro, però gli toccherà chiedere un favore grande al compagno. Perché alla prima curva del tracciato, la famigerata Sainte Devote, non si passa in due. Al massimo si passa uno sopra l'altro. Cosa già successa. In Ferrari ripetono il ritornello insegnato ai piloti, sanno e sappiamo che cosa fare. Decodificato significa: 1. L'interesse della squadra viene prima; 2. quindi niente follie; 3. fate le vostra gara e liberi di duellare finché la vostra gara e il vostro duello non mettono a rischio il risultato. Per farla breve, siamo di fronte a due possibilità. A Sainte Devote non succederà un bel niente fra i due compagni, uniti dall'obiettivo comune di difendersi da Bottas, terzo a due millesimi da Seb, e da quello spirito libero di Verstappen, quarto. Dopodiché, nel balletto dei pit, opplà che la posizione passerà a Seb. Seconda possibilità, succederà di tutto.
Però, occhio: l'ultimo a vincere con la Ferrari a Monte Carlo fu Schumi, nel 2001. E non partiva dalla pole. E nel 2008, quando dalla prima fila erano scattati Massa e Kimi, a trionfare fu proprio Hamilton. Quello ieri disperato e nelle sabbie mobili.
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