Dove sta la differenza fra la Francia di Mbappé e il Mbappé della Francia? Sta nei titoli. La saetta nera stasera guiderà la sua nobile ciurma alla battaglia: dalla sua ideale cintura grondano scudetti di Francia e quel titolo mondiale che raddoppiato ne farebbe, almeno per assonanza, un erede di Pelé. Come lui il Griezmann meraviglioso architetto del gioco, ripescato dal bassofondo di una vena da goleador un po' appannata. Ma più di lui il pluridecorato Varane e il Theo Hernandez toccato dal destino che ha deciso chi fosse stavolta il preferito in famiglia, fin all'irrefrenabile nonno del gol che risponde a Giroud, datato 1986.
Direte: più di Mbappé? Suvvia sono giocatori ottimi ma lui è un predestinato. Tutto vero, se si eccettua il responso del pedigree. Oggi Pelé può raccontare di aver vinto due mondiali di seguito. E soltanto tutta la banda francese potrebbe accostarsi a lui in caso di vittoria sull'Argentina. Eppure c'è di più: il nonnetto del gol e pochi altri oggi verrebbero accolti nell'Olimpo di chi ha vinto due mondiali di fila e almeno una Champions. Non è un record da sottovalutare, un Guinness che farebbe invidia allo stesso Messi, una cartolina da rilanciare ai posteri quando un giorno si ricorderà quel mondiale in Qatar così denso di miseria umana e così ricco di record.
Dunque Mbappé, ma anche più di Mbappé per i gol di Giroud che hanno trascinato la Francia quanto quelli di Julian Alvarez il novello predestinato argentino. Difficile dire se Theo Hernandez sia meteora o una duratura stella filante. Molto più intrigante questo Griezmann nuova formula che l'astuzia di Deschamps ha trasformato nel playmaker più moderno del gioco del calcio. I francesi penseranno: chi come lui? Lo chiamano «Le petit diable», lo amano più oggi di qualche anno fa. Non è Platini, nemmeno Zidane, neppure Deschamps: tre tipi di giocatori diversi, con qualità che combinate creerebbero un fuoriclasse. Grizou (altro nickname) ha qualcosa di tutti loro, ma non in qualità così eccelsa da superarli. Eppure potrebbe vincere più di loro con i Bleus.
Le storie del pallone non sempre seguono un filo e un filone logico, ma quella di questa Francia insegna che la qualità non ha confini: hanno perso due grandi centrocampisti (Kanté e Pogba), la stella dei centravanti (Benzema), il fratello migliore degli Hernandez, eppur oggi sono qui a dispetto di infortuni, di una influenza che pare alleata agli argentini e della superbia di altre stelle. Come hanno rimediato? Con il Thuram figliolo di tanto nome, con il roccioso Tchouameni, con il Rabiot che pareva un talento perduto e la Juve ha ringalluzzito.
E a conferma che nel calcio non bastano i piedi, ma servono anche testa e mani, ecco il non «ti scordar di me» del Deschamps ct fortunato forse ma con il
realismo di chi sta sempre con la valigia in mano (c'è Zidane che da tempo attende sull'uscio nazionale) e del Lloris Hugo, portiere che ha perso una Champions in finale ma vinto il confronto con tutti i numeri uno del mondo.
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