Franco Rossi l'ultima beffa di un istrione

Franco Rossi l'ultima beffa di un istrione

Il suo vezzo, affermare di essere il giornalista sportivo italiano più letto al mondo. Un fatto comprovato dai milioni di copie vendute dal giapponese Yomiuri Shimbun, il quotidiano giapponese per cui nel 2002 ha seguito i mondiali di calcio di Giappone e Corea. Solo un vezzo, perché Franco Rossi presuntuoso non è stato mai, esagerato sempre. A 69 anni ha perso la sua scommessa contro una malattia bastarda che l'ha schiantato. Con lui le mezze misure non sono mai esistite. I suoi paradossi, il gusto per l'originalità, l'ironia estrema e graffiante l'hanno fatto apprezzare da tanti lettori prima e telespettatori poi. Ma anche detestare da chi aveva la sfortuna di non conoscerlo. Istrione, anti conformista, mai banale, geniale e gigione come possono e sanno esserlo soltanto le persone dotate di cuore e inusuale intelligenza e cultura, era nato a Firenze e aveva cominciato a Tuttosport a Torino per poi passare alla redazione di Milano, collaborando al contempo con Repubblica, quindi al Corriere dello Sport e infine al Giorno che fu, dove è stato il capo della redazione sportiva. Quindi, le televisioni private: innanzitutto Telenova, presenza fissa nelle tribune calcistiche, ma anche Controcampo su Mediaset. E poi il web, la comunicazione globale, piazza ideale per un opinionista.
Nel giornalismo sportivo era ancora ricordato come il re del calciomercato, quello mitizzato degli anni 80, di cui lui squadernava una sterminata aneddotica capace di inchiodare per ore gli ascoltatori. Una vita incasinata con un'unica stella cometa: la libertà di pensiero e l'irriverenza.

Per il mondo del pallone, di cui conosceva ogni segreto, ma anche per altri sport, come quando all'ennesima incompiuta della Ferrari di Jean Alesi sbottò: «In fondo ha vinto un solo Gp più di me. Ma io non ho la patente». Senza lui, lo sport sarà un po' meno divertente.

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