Il Furlani da urlo nel lungo è un manifesto per i giovani

L'azzurro piazza subito il colpo da medaglia, poi un nullo per 3 centimetri gli nega un sogno più grande

Il Furlani da urlo nel lungo è un manifesto per i giovani
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Una medaglia di famiglia rivolta ai giovani. Mattia aveva detto che l'argento di Roma, ai campionati Europei, era stata «la gara più bella della sua vita». Si sbagliava. Aveva aggiunto che a Parigi sarebbe andato «per sognare» e non si sbagliava. Quarant'anni dopo l'8 e 24 di bronzo firmato Giovanni Evangelisti a Los Angeles, arriva lo stesso metallo con dieci centimetri in più di questo ragazzo di diciannove anni che parla come ne avesse quaranta per la profondità dei pensieri che esprime. Il suo è un regalo meraviglioso a se stesso, un regalo importante per l'Italia dell'atletica che qui a Parigi non riusciva a sbloccarsi e un regalo a tutta la spedizione azzurra che prosegue nella striscia giornaliera di medaglie iniziata ai Giochi di Rio. Anche per questo riempie di orgoglio e commozione vederlo vestirsi con il tricolore nel teatro violaceo dello Stade de France. Oro olimpico bis al fuoriclasse greco Tentoglou, 8.48 il suo sigillo, il greco padrone del lungo che aveva battuto Mattia a giugno, Europei in casa. Ieri sera gli ci è voluto il secondo turno per andare a prendersi la testa, visto che l'azzurro, pronti e via, aveva già ipotecato il bronzo con il primo salto di 8.34. Argento al giamaicano Pinnock, 8.36, anche lui costretto a resettare il suo gesto alla seconda occasione per sopravanzare il nostro.

«Sembro un piagnone» sorride, «ma non lo è», è tutt'altro Mattia Furlani. Parla di tecnica un attimo dopo il bronzo poi la cosa lo stanca perché ha ben altro dentro da tirare fuori. Le sue non sono dichiarazioni, bla bla convenzionali e neppure frasi ad effetto di un fresco diplomato al liceo scientifico, qual è, che invece di farsi il giro d'Europa con gli amici o andare in Grecia a caccia di amori e notti stellate, è andato a caccia di un greco ancora troppo forte per lui, ma dategli tempo. Le sue frasi sembrano un manifesto dei giovani, dice «questa è la dimostrazione che per ottenere cose, raggiungere obiettivi, ci vuole del tempo, l'anno scorso uscivo 18esimo dalle qualificazioni ai mondiali di Budapest e adesso mi ritrovo con il bronzo. Bisogna dare tempo e fiducia a noi giovani, nell'atletica, in tutti gli sport, ovunque, serve tempo perché si crei il giusto processo. Perché noi giovani siamo in grado di raggiungere tutto... E ora me la voglio godere e cercare di andare sempre più in lungo». Una medaglia per i giovani e per la famiglia, perché è incredibile come dietro a Mattia ci sia davvero un pool degli affetti in servizio permanente, dalla mamma allenatrice ex sprinter Khaty Seck al papà ex saltatore in alto Marcello Furlani.

Per fortuna qui ci sono una pedana, un punto di stacco e della sabbia. Non una kenyana e una etiope che litigano correndo i 5000. Nessuno toglierà la medaglia a Mattia, per trovarne una più giovane l'Italia deve tornare indietro di cento anni. Adesso, però, quel che conta è che il suo salto nel bronzo serva d'esempio. Ieri la collega di disciplina Larissa Iapichino ha afferrato la finale con la seconda misura, 6.87, dietro all'americana Davis Woodhall (6.90) per cui domani potrebbe davvero scrivere una bella storia. Peccato per Sara Fantini 12ª nella finale del martello, bene Pietro Arese, ottavo a 3'' dal podio con primato italiano (3.30.74) in un 1500 stellare vinto da dall'americano Hocker in 3.27.65.

Stamane, ore 7,30, toccherà alla marcia mista Palmisano-Stano fare tesoro dell'energia di Mattia e stasera al neo azzurro Andy Diaz nel triplo, a Tortu e Desalu nelle semifinali dei 200 e a quel mezzo manga di Simonelli per accedere alla finale dei 110 ostacoli. Già, Lollo Simonelli, perché ai giovani dobbiamo dare fiducia.

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