Gigio e un'Italia di Zaccagni. Questi siamo, basta critiche

A ritroso di 60 anni difficile trovare una nazionale con meno talenti. E Spalletti l'ha presa in corsa

Gigio e un'Italia di Zaccagni. Questi siamo, basta critiche
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La notte di Lipsia diventa un altro manifesto dell'Italia. Erano già pronti i processi, la richiesta di dimissioni da Gravina in giù. La solita commedia all'italiana permeata di pessimismo cosmico che prevede l'incapacità di guardare in faccia alla realtà. Un film che vive di continui flash. Il primo è l'azione del miracolo. Percussione di Calafiori, tiro a giro di Zaccagni. Leggasi: il primo è un semi esordiente, ha debuttato in nazionale a inizio giugno; il secondo è un esterno d'attacco al primo gol in Nazionale dopo una storia azzurra mai sbocciata.

Questi siamo. Una delle Nazionali meno pronte della storia e sicuramente tra le meno forti scendendo a ritroso fino agli anni Sessanta. Déjà vu tra pomodori e fallimenti mondiali. Presa in mano in fretta e furia da Luciano Spalletti. Quattro partite per portare a casa la qualificazione europea che il predecessore aveva una paura vera di non centrare. Ecco non parlate al Ct di Certaldo di paura.

La seconda foto è stata oscurata dal Spalletti-show sulle spie. Che poi se ci fossero davvero, qualcuno degli addetti ai lavori la formazione l'avrebbe azzeccata almeno dopo la riunione tecnica pre gara. Paura non esiste nel vocabolario del Ct, l'ha detto sempre a muso duro al giornalista straniero che l'aveva insinuata nella sua domanda. Come dargli torto. Basta rivedere i cv dei protagonisti nell'azione del gol. Appunto Calafiori, che pure dopo la Spagna era solo l'uomo dell'autogol. Non il perno della difesa del futuro che ora si deve trovare il modo di sostituire perché squalificato contro la Svizzera. L'arte del saper aspettare, soprattutto del provare a costruire qualcosa di duraturo che non esista lo spazio di un'estate pur trionfale.

L'altra istantanea è il pullman dell'Italia che per uscire dal garage della Red Bull Arena quasi tampona quello croato. Una sterzata decisa evita danni. La stessa che serve quando il progetto prende forma e fatica a modellarsi, soprattutto deve centrare l'obiettivo per evitare di ricominciare tutto daccapo. Ecco il senso della formazione di Lipsia.

E poi c'è un flash a ripetizione. Quello delle parate di Donnarumma. Salvifico con l'Albania, monumentale con la Spagna e capitano di rigore con la Croazia. Gigio è il nostro fuoriclasse. I fischi nazionali di San Siro un ricordo parato a ripetizione, l'Europeo una risposta al Psg che gli ha fatto sapere di volergli togliere i galloni di titolarissimo.

L'ossatura prende forma. Il portiere c'è. La coppia centrale pure. Bastoni-Calafiori studiano da Bonucci-Chiellini. Barella a centrocampo aspetta una spalla più viva di Jorginho: il pallino del gioco dato a Fagioli nell'assalto finale di Lipsia è un segnale. Ci manca il terminale. Ma non lo scopriamo adesso. Scamacca è l'unico candidato forte. Spalletti ci lavora. E sulle ali Chiesa davanti a tutti, ma un Zaccagni può spuntare in ogni momento. Il Ct ora può aggiungere altri mattoni al progetto che guarda al Mondiale. Con la Svizzera inizia un altro torneo.

La squadra dovrà togliersi di dosso quella timidezza che la fa palleggiare balbettando. Ha vinto la battaglia sul campo, non quella delle parole in una notte miracolosa. Che ora va meritata, complice anche un tabellone facilitato: Germania, Spagna, Portogallo e Francia sono dalla parte opposta.

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