- nostro inviato a Parigi -
È l'unico atleta non francese applaudito come un francese. Di solito è anche l'unico atleta non ungherese, polacco, inglese, belga, spagnolo, americano sostenuto e acclamato come se fosse ungherese, polacco e di tutti quei bei paesi. Quando Gianmarco Tamberi si è tolto la felpa con cappuccio versione lunga e non ingobbita di Quasimodo, lo Stade de France, Notre Dame dell'atletica parigina, è venuto giù per il fragore degli applausi. Per la verità è venuta giù per tre volte di fila anche l'asticella posta a due e ventisette. In virtù però dei molti errori altrui e del 2 e 24 passato sia da Gimbo che dall'altro azzurro, Stefano Sottile, al primo tentativo dopo non aver commesso errori, opplà, che i nostri ragazzi sabato saranno in finale. Gimbo a Parigi direttamente dal pronto soccorso, lo stadio in delirio, lui che fallisce un salto a 2,27 e invece di pensare al punto di stacco corre dall'amico Barshim, quello con cui condivise l'oro a Tokyo, steso nel prato per un dolore. L'amico un attimo dopo ricambia passando come una virgola nel cielo proprio il 2 e 27. E poi tifo, applausi, braccia aperto come il Cristo di Rio de Janeiro prima di saltare e l'amore per la moglie Chiara seduta fra gli spalti che lo aspetta, sorride, si sporge, lui saltella, bacio, abbraccio e «l'altro giorno mi ha dato questo braccialetto che avevo dopo le qualifiche a Tokyo, l'ha aggiustato e mi ha fatto una sorpresa».
Ma i però sono tanti, forse troppi. Per questo Tamberi è oggi un control-alt-canc con cappuccio e tuta. «Esco da qui, giro l'angolo e azzero questi giorni e questa qualificazione e sabato mi presenterò al meglio, sperando, visti i tempi, che non mi accada dell'altro...» dice. «In pedana nei salti sentivo che mi mancava la gamba di stacco, anche se non sono mai stato un uomo da qualifica. Sono migliorato da ieri, sto sempre meglio, sono convinto che riuscirò a presentarmi più in forma». I rivali da temere sono l'amico Barshin, «lo siamo e lo saremo per sempre però abbiamo deciso stavolta niente oro condiviso, la Gioconda si dipinge una volta sola, vediamo chi farà il quadro più bello». L'altro da temere è il neozelandese Hamish Kerr, 2 e 27 in scioltezza dopo aver fatto un po' lo svagatello nei salti precedenti.
«Giorno complicato, un disastro» ripete Gimbo, «mi dispiace non essere riuscito a fare nessun salto che abbia riacceso la confidenza che avevo prima dei problemi di calcoli. Il dolore più forte provato in vita mia, incredibile». È magro, ha il visto scavato, è preoccupato, ma la luce negli occhi dice che venderà carissima la pelle. Per lui, non solo per lui. Si commuove: «Sapete, è una storia particolare.
Per Rio, nel 2016, tantissimi miei amici avevano comprato il biglietto aereo e quello della mia gara e alla fine si sono trovati in tribuna al mio fianco, io con il gesso; poi hanno preso il biglietto per Tokyo e non sono potuti partire per il covid, adesso ci hanno riprovato per Parigi e io tre giorni fa ero in ospedale...». Gli trema la voce: «Sembrava una di quelle cose che no, non devono avverarsi mai e invece sabato saranno tutti con me allo stadio c..!».
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