Giorgia nei nostri pensieri, come una vecchia canzone di Ray Charles. Lo diranno a Rosà, nel vicentino, dov'è nato il papà e fanno i conti sui medagliati (anche Manuel Frigo della staffetta del nuoto), ad Arsago Seprio dove ha vissuto, a Gallarate dove è nata, a Valenzano in Puglia dove si allena, a Roma dove si è spostata di recente: un viaggio attraverso la penisola per arrivare sul podio di Tokyo. Chissà se Georgia on my mind ci avrebbe raccontato di una ragazza di 34 anni che voleva fare fitness ed, invece, solleva bilancieri con mani adornate di cerotti, grinta e urlo da sforzo supremo ed accetta i fiori del successo con la delicatezza femminile di chi si gode l'ultimo attimo sublime della sua storia sportiva. Giorgia Bordignon ieri ci ha spiegato la forza della donna: quella di muscoli levigati che acchiappano il bilanciere e gli dicono «ti domino, sono forte quanto non credi», nonostante il fisico segni il limite dei 64 kg, insomma non proprio una ragazza cannone, e la forza di un'atleta che non ha smesso di credere ad un sogno, ad un successo fino all'ultima gara del percorso: ed ora eccola acchiappare una medaglia d'argento che l'ha fatta piangere di gioia, certo ci parla ancora della bellezza del credere nello sport, dell'andare oltre i propri limiti. E chissà non abbia fatto effetto l'idea del suo tecnico. «All'ultima alzata mi ha detto: dimostra quante palle hai».
Il mondo del sollevamento pesi ha sempre navigato border line (eufemismo) con i problemi di doping. Qualcosa è cambiato. «Il presidente Urso ha lavorato molto per la pulizia del settore», ha raccontato il segretario della federazione. Mirko Zanni, recente bronzo azzurro, è ancora più esplicito: «Sono gli effetti della lotta al doping. C'è stata una rivoluzione: lo meritiamo dopo anni passati in secondo piano per colpa di quella maledizione».
Bordignon è una poliziotta penitenziaria, e certo farà la parte della iron girl. Ieri ha conquistato la medaglia a suon di record italiani, non ha sbagliato un colpo fino al totale finale: 232 kg divisi tra strappo (104) e slancio (128). «Ed io non ho voluto sapere i chili che andavo a sollevar», ha raccontato. Il sollevamento non è solo questione di forza, serve anche la psicologia dell'alzare sempre l'asticella alle avversarie: le ultime due sono crollate cercando il chilo in più. Quel suo fisico, agghindato di tatuaggi, non lasciava trasparire l'indecenza dello sforzo che, invece, affiorava e sformava l'essenza femminile di altre concorrenti. Solo la canadese Maude Charron non ha mollato e, alla fine, ha sollevato 4 kg in più.
Giorgia aveva già pensato ad una ideale parure d'argento: sognare costa niente. Poi si è ritrovata l'argento al collo, mentre ad Arsago Seprio parroco e sindaco hanno fatto suonare le campane della Basilica. «Tutto il mondo deve sentire la nostra gioia», ha rilanciato via web il sindaco.
La medaglia, prima di una azzurra del sollevamento pesi, arricchisce l'orgoglio. «Ho scritto la storia». Qui, invece, finisce la storia olimpica di Giorgia che si era presentata a Rio 2016 raccogliendo un 6° posto. Stavolta era partita dicendo: «Voglio godermi l'esperienza». Se l'è goduta.
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