Finale UsOpen 2015: Flavia Pennetta batte Roberta Vinci, per il tennis italiano è una roba da pazzi. Così, da vincitrice di Slam, è la persona giusta per spiegare un altro di quei giorni che il nostro tennis non dimenticherà mai: «Jannik è stato fantastico, è entrato in campo con le idee chiare e le ha realizzate. Certo, Djokovic non ha giocato una gran partita, ma comunque lo devi sempre battere. E Sinner l'ha fatto meritandoselo».
Ed è la terza volta in tre mesi.
«È una mazzata. E lo si vede, ancor più che nelle parole, nello sguardo di Nole a fine match: per la prima volta ho letto dell'incertezza».
Merito di Jannik e dei suoi incredibili progressi.
«Diciamo che dopo gli US Open ha messo la freccia in tutti gli aspetti. Ha iniziato veramente ad essere più solido: guardate il servizio, a quanti punti riesce a ottenere adesso con la battuta in confronto a qualche mese fa».
C'è stato un grande lavoro. Come spiegare a chi è fuori dal campo il motivo di questi risultati?
«Semplice, appunto: è lavoro, tanto lavoro. Uno sforzo pazzesco, tecnico e nel movimento. E impressiona quanto margine di miglioramento ha ancora».
Davvero?
«Ma ragazzi, ha solo 22 anni... Anche se la sua età non è certo quella dei giovani d'oggi».
Cos'ha di diverso?
«Quello che ha soprattutto Sinner è la costante voglia di cambiare, di lasciare il certo per l'incerto. Lui è stato criticato per questo, un po' anche quando ci fu il cambio di allenatore e la gente diceva che non vinceva più come prima. Io sostenevo invece che le cose hanno sempre bisogno di tempo, in questi casi devi ripristinare un po' di equilibrio. Serve solo aspettare».
La pazienza ha funzionato.
«Perché lui ha dimostrato di non aver paura, che vuole trovare sempre qualcosa in più. E dal punto di vista mentale ha una forza innata: lo si è sempre visto. Non è una sorpresa».
Come si prepara una finale di Slam?
«Si deve preparare come tutte le altre partite, non c'è molto da cambiare. Lui ha comunque dietro un gruppo con cui sta particolarmente bene e che studia al dettaglio un po' tutto».
Quanto è importante il gruppo?
«Oggi tanto: è una gran cosa che Jannik lo dica sempre, perché molto spesso la gente vede soltanto l'atleta, il campione e non si rende conto del resto. Io di questo me ne sono accorta tardi, anche se la mia idea è stata sempre quella che se il mio entourage stava bene, sarei stata bene anch'io».
E ora sta bene anche il tennis italiano.
«Sinner è un esempio che sta trascinando tutti, anche l'interesse dei giovani verso il nostro sport. È stato come con la nostra generazione tra le donne, come quando abbiamo vinto gli US Open: prima non si parlava tanto di tennis femminile e invece poi era sulla bocca di tutti. E poi dal 2019 tra gli uomini c'è stato l'esempio Fognini: quando Fabio ha vinto il Masters 1000 di Monte Carlo ha dimostrato che tutto fosse possibile. E il movimento lo ha seguito».
Dove arriverà Jannik?
«Tra un mese, un anno, forse due: ma sarà numero uno del mondo. Basta avere pazienza».
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