La grandeur di Macron resa ridicola dalle gaffes del Tour de France

I gas lacrimogeni che hanno fermato i corridori del Tour de France sono soltanto l'ultimo esempio di una lunga serie di errori - ed orrori - che hanno rovinato l'immagine della (ex) corsa ciclistica più importante del mondo

La grandeur di Macron resa ridicola dalle gaffes del Tour de France

Il Tour de France 2018 è maledetto. Dopo l'aggressione a Froome, gli sputi contro il team Sky e la caduta di Nibali la Grande Boucle ha dovuto fare i conti con un'altra giornata no. Colpa della reazione sconsiderata della gendarmerie contro un gruppo di agricoltori che, all'altezza del km 30 della 16^ tappa, hanno inscenato una protesta a base di balle di fieno sparse sulla strada, repressa dalla polizia francese con l'utilizzo di gas lacrimogeni e spray al peperoncino.

Dopo essere stata temporaneamente neutralizzata, la corsa è ripartita "regolarmente" verso Bagnères-de-Luchon, sede del primo arrivo pirenaico del Tour 2018. Ma quanto successo a inizio tappa è solo l'ultimo di una serie di episodi negativi che hanno colpito quella che, fino a pochi anni fa, era considerata la gara ciclistica più importante e meglio organizzata al mondo. Una settimana prima di iniziare, la corsa era già stata animata non da una fuga - come vorrebbe un'espressione tanto cara agli appassionati delle due ruote - bensì dalla polemica tra Aso (la società organizzatrice del Tour) e il quattro volte maglia gialla a Parigi, Chris Froome. Che, a una settimana dall'inizio della Grande Boucle, era stato escluso dalla corsa per non avere ancora chiarito la questione della positività al salbutamolo riscontrata in una delle ultime tappe della Vuelta 2017. Ma tutto era finito a madeleines et champagne, grazie alla sentenza di assoluzione dalle accuse di doping emessa da Uci e Wada.

Le conseguenze del caso Froome si sono fatte sentire sul clima del Tour de France, meno festoso che in passato e segnato dai fischi al corridore britannico e al team Sky nel giorno della presentazione delle squadre. Si pensava che tutto potesse finire lì. È andata diversamente, tra insulti, sputi e persino spintoni di cui è stato vittima proprio il "kenyano bianco". L'aggressione a Froome, commessa da uno spettatore che ha provato a buttarlo giù dalla bicicletta durante la scalata all'Alpe d'Huez (12^ tappa), è stata seguita una manciata di chilometri dopo dall'incredibile caduta di Vincenzo Nibali, costata il ritiro allo "Squalo dello Stretto". Responsabile indiretta del fattaccio è stata l'organizzazione della corsa che, sono in molti a pensarlo, non è stata in grado di garantire misure di sicurezza sufficienti a tutelare la sicurezza dei corridori, pressati "fisicamente" da orde di tifosi.

Durante la stessa tappa, un nugolo di velocisti si era stranamente ritirato in blocco, come a voler protestare contro il percorso tracciato dall'organizzazione. Una mancanza, quella di Gaviria, Kittel e altri che ha diminuito il tasso di spettacolarità della corsa, soprattutto nelle volate. E dove non è arrivata la stanchezza ci ha pensato lo scarso autocontrollo. Come successo all'italiano Moscon, espulso dalla corsa per avere provato ad aggredire un rivale durante le prime battute della 15^ tappa.

Insomma, la 105^ edizione della Grande Boucle - letteramente "Il grande anello" - è già indimenticabile. Ma non per le imprese dei corridori, bensì per un mix di incompetenza e disorganizzazione che ha travolto la grandeur francese.

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