Nostro inviato a Parigi. Portato via dalla corrente. Gregorio Paltrinieri lascia Parigi così: come un tronco d'uomo di quasi trent'anni in balìa delle acque che si fa sempre più piccino e scompare all'orizzonte. Oltre che sporca, la Senna è un fiume molto più lungo dei suoi 776 chilometri e le acque torbide non sfociano nella Manica come abbiamo sempre creduto: arrivano dritte dritte a Los Angeles. Impiegano quattro anni ma arrivano. Gregorio portato dalla corrente sarà là. Non più in veste di superuomo, super nuotatore e tuttologo natatorio, non più batterie degli otto e gara degli otto, batterie dei millecinque e gara dei millecinque; si limiterà a disputare la 10 km di fondo in acque, si spera, più libere e pulite di quelle parigine. Con tutto il tempo del mondo per preparare la gara di addio. E vedrete, sarà una gara pazzesca. Avrà poco meno di 34 anni quel giorno e si regalerà qualcosa di grande. Solo un'incombenza, piacevole però, due settimane prima, durante la cerimonia d'apertura dei Giochi: sarà il portabandiera. Il presidente del Coni Giovanni Malagò, se dovesse essere rieletto per un quarto mandato, lo sa, glielo deve dopo aver scelto Gimbo Tamberi e Arianna Errigo, per cui lo farà. Alla vigilia della gara l'ha pure chiamato, «mi ha telefonato sì, ha detto che ci sarebbe stato, sperava di premiarmi...». Ecco, quelle cose lì che nel mondo scaramantico dello sport meglio non anticipare. Per cui motivo in più per scegliere Greg portabandiera. Se poi dovesse invece esserci un altro numero uno alla guida del Coni, nominerà Greg per fare l'esatto contrario di quanto deciso da Malagò quest'anno.
La corrente che ieri mattina tra Pont Alexandre III e Pont de l'Alma ha tradito Greg, sprofondandolo nono «perché averla contro mi andava bene, potevo anche giocarmela, ma nei tratti in cui mi portava, per cui metà gara, non sono mai riuscito a trovare la mia nuotata», è la stessa corrente che gli prolungherà la carriera. Il futuro di Paltrinieri sta scritto lì, nelle increspature di un'acqua appiccicosa che non avete idea, in quella corrente verde e limacciosa della Senna, il fiume che non ha perdonato, «strano che non fosse mai balneabile tranne nei giorni di gara» dirà d'istinto per puntualizzare, non imboccato da domande trabocchetto. Sembra quasi uno scherzo del destino: è l'odiata e mal sopportata Senna che ha preso per mano Greg e lo tira verso il futuro. Senza il verdetto del fiume torbido e bastardo, Greg non sarebbe parso così convinto, deciso e rabbioso. Credeteci. Anche se il carpigiano dice che «è stata una bellissima olimpiade», che «ho lottato in tutte le gare e c'è qualcosa di bello anche in quello che è successo oggi», anche se aggiunge «in piscina ho fatto qualcosa di incredibile, le due medaglie, nei 1500 vicino al mio personale di otto anni prima, per cui do 9 alla mia olimpiade», anche se ripete tutto questo, dentro cova la voglia di lasciare i Giochi con un oro al collo.
È una corrente di passione e sacro fuoco agonistico quella che lo porta verso Los Angeles. «Fin qui la mia decisione era stata di non decidere, di aspettare la fine delle gare, però nel fondo valgo molto più di così, un mese fa vincevo l'oro europeo con 20 secondi sugli altri, invece qui ho fatto troppa fatica, mi mancava il nuoto per lo scarico in vista dei 1500 e 800...». E qui c'è il futuro, la scelta che verrà: «Adesso devo staccare, di testa e fisico, tre o quattro mesi a fare altro, i fatti miei, e poi non escludo di continuare ma non posso più fare tutto e mi dispiace pensare che queste potrebbero essere state le mie ultime gare in vasca».
E saranno anni diversi, dove al centro ci sarà il fondo, anni in cui le competizioni verranno scelte solo in vista della preparazione per la gara olimpica, «dovrò fare stagioni corte, mirate».Parigi adieu. Anche se la corrente a volte diventa scossa. Acerenza quarto e sfortunato, vittoria all'ungherese Rasovszky, e Greg tronco d'uomo scomparso all'orizzonte. Solo per un po'. Sappiamo dove sta andando.
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