Clap clap clap. Congratulazioni e complimenti a tutti. A Max Verstappen che ha vinto per la seconda volta di fila questo Gran premio e alla Ferrari con due piloti sul podio. Complimenti a Vettel che si è finalmente tenuto lontano dai guai anche se al primo giro una toccatina di gomme con Bottas c'è stata e complimenti a Raikkonen di nuovo a podio dopo il successo di Austin. Complimenti a Ricciardo che non ha preso a calci la sua Red Bull ammutolita e in fumo mentre era secondo a una manciata di giri dalla fine e soprattutto, e vabbé, complimenti ad Hamilton che in pista e per tutto l'anno ha dimostrato di strameritare il titolo. Lui sì, la Mercedes un po' meno. Questione di giochi di squadra ai limiti, questione di benzine e di buchetti sui cerchioni, questione di cosette che non fanno piacere «e però non molliamo, congratulazioni a Lewis, ma il mondiale costruttori resta aperto» dirà a fine gara Arrivabene, «e i buchi li hanno chiusi ad Austin e qui, per cui lascio la risposta a voi...».
Fatto sta, il Messico per il secondo anno di fila celebra il trionfo dell'olandesino al volante e incorona Lewis Hamilton campione del mondo. E sono cinque. Come Juan Manuel Fangio. «Sensazione strana» dirà Lewis quarto dopo una gara calvario. «È un mondiale vinto passo per passo ed è bellissimo eguagliare Fangio, simbolo della Mercedes, nonostante questa sia stata una corsa orribile». Sincero il penta campione e sincero Sebastiano, quando i due si abbracciano forte.
Festa anglo-tedesca a parte, e al netto delle intemperanze viabilistiche di Sebastiano Vettel, il grande dubbio resterà ad annebbiare il risultato di questo campionato. Perché da quando la Ferrari ha chiesto chiarimenti sui forellini nei cerchioni delle Mercedes (dopo il Giappone), da quando la Fia ha prima detto che non influivano significativamente sull'aerodinamica, parlando di «illegalità limitata» questo il senso, e poi consigliato ai tedeschi di tapparli, da quel momento, cioè da Austin, due Gran premi fa, la Ferrari è tornata a fare la Ferrari e la Mercedes la Mercedes di gran parte dell'anno. Quella che dopo un po' pativa il deterioramento delle gomme posteriori, quella che doveva inventarsi strategie alternative per rimanere in gara al passo delle Rosse. Non a caso, i simpatici forellini sono arrivati in quel di Spa Francorchamps, vittoria di Vettel e secondo posto di Hamilton; dopodiché, da Monza al Giappone, l'infilata di quattro corse con dominio dell'inglese o della Mercedes, visto che la vittoria di Sochi sarebbe dovuta andare al povero Bottas che invece fu costretto a cederla al capo squadra. Più che coincidenze, fatti. Per di più, inquietanti.
Non è il buco non buco della mitica e irregolare BrawnGp che vinse dominando il campionato 2009, ma sono buchetti che, raffreddando le gomme, hanno accompagnato la resurrezione über alles di fine estate. E non a caso, la Mercedes, onde evitare un mondiale sub iudice, anche in Messico li ha tappati. Il risultato s'è visto: una delle gare peggiori dell'anno. Magra consolazione. Il titolo è loro.
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