Clara Munarini è pronta a scrivere un'altra pagina di storia del rugby azzurro. Classe '89, laurea in economia e una sconfinata passione per la palla ovale, Clara è stata la prima donna arbitro italiana a dirigere una gara di Top 10, il massimo campionato nazionale maschile. Oggi, nella sua Parma, sarà lei ad arbitrare la finale di Coppa Italia tra Fiamme Oro e Petrarca Rugby, diventando così la prima donna a fischiare in un match con in palio un trofeo nazionale maschile.
Che effetto fa questa designazione?
«A un anno dal debutto in Top 10 è come se la mia vita stesse correndo a tremila all'ora. Sapevo di aver arbitrato bene negli ultimi mesi, ma la chiamata per dirigere una finale è stata del tutto inaspettata. Un sogno che mai avrei immaginato di realizzare così in fretta».
Una scelta che rappresenta un messaggio importante.
«In primis è la conferma del mio percorso professionale, perché significa avere la fiducia di chi mi ha seguita e valutata in questi anni. Ovviamente, se allarghiamo lo sguardo anche a una questione di genere, la cosa mi gratifica ancora di più e rappresenta un motivo di enorme orgoglio. Anche se la mia ambizione è quella di poter arrivare un giorno a non dover sottolineare che una partita sia arbitrata da una donna, piuttosto che da un uomo».
Il Sei Nazioni Under 20 maschile è stato un altro step significativo.
«Un'esperienza incredibile, un passo notevole per rompere certe barriere e tradizioni dure a morire, specialmente in un mondo conservatore come quello del rugby. Per me e le mie colleghe è stato un passaggio fondamentale, a livello di crescita e di riconoscimento del nostro valore come direttrici di gara».
Com'è il rapporto con i rugbisti?
«Quando mi sono affacciata per la prima volta al panorama maschile ho notato in generale un po' di timore reverenziale. Una volta consolidata la mia presenza, però, è cambiata anche la percezione degli atleti e l'approccio è diventato identico a quello con gli altri ufficiali di gara».
Presto una donna arbitro in un grande match internazionale maschile?
«Fino a qualche mese fa lo avrei visto come un approdo molto lontano, ma per come stanno andando le cose forse siamo più vicini di quanto credessi. Mai dire mai, forse tra qualche anno i tempi saranno maturi».
A ottobre ci sarà la Coppa del Mondo femminile.
«Un obiettivo scolpito nella mente, ma del quale cerco di parlare il meno possibile. Credo di aver arbitrato bene in stagione, dopo quattro edizioni consecutive in cui sono stata designata per il Sei Nazioni femminile dirigere in Nuova Zelanda rappresenterebbe il coronamento di un sogno».
Al Mondiale ci saranno anche le azzurre della Nazionale, appena messe sotto contratto dalla Federazione.
«Una notizia fantastica, in linea con la tendenza globale che punta finalmente a
professionalizzare anche l'ambito femminile. Mi auguro si tratti di un punto di partenza, più che di arrivo: consolidare questo trend significherebbe gettare le fondamenta di una struttura sempre più evoluta e progressista».
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