Dietro il trionfo, forse anche un po' sguaiato dell'Argentina, ispirato - questo sì con accento poetico - da Maradona e realizzato da Messi, il suo erede naturale, resistono due grandi suggestioni. La prima, la più intrecciata di tutte, viaggia sulla distanza chilometrica che unisce Doha al quartiere napoletano dove nella serata dell'Albiceleste, moltissimi fedeli di don Diego Armando sono scesi in piazza per cantare e ballare la loro gioia. Sventolavano bandiere argentine, invocavano il nome di Diego, loro santo protettore calcistico, confessando con orgoglio la loro doppia ...nazionalità. Chi ama i corsi e ricorsi storici, teoria di Gian Battista Vico, non a caso filosofo-pensatore napoletano, sottolinea che subito dopo la cavalcata trionfale messicana di Maradona, nella stagione dell'87 toccò al Napoli guidato da Ottavio Bianchi, con il famoso trio d'attacco MaGiCa, Maradona-Giordano-Careca, coronare l'ambizioso traguardo dello scudetto, primo della storia, mai nemmeno sfiorato in precedenza e replicato poi nel '90.
Quel mondiale vinto da protagonista assoluto e passato alla storia anche per il gol di mano all'odiata Inghilterra, lo spinsero a rilucidare il suo talento immenso mettendolo al servizio di una squadra che non era formata, bisogna ripeterlo ad Antonio Cassano, da «scappati di casa». In questo eventuale caso la spinta può essere solo emotiva, una suggestione per l'appunto, giocata con l'affinità elettiva tra quel Napoli e quello attuale che veleggia al comando della serie A con 8 punti di vantaggio su Milan, 10 sull'Inter e addirittura 11 sulla Juventus.
Non c'è Diego in questo Napoli, ma tanti piccoli apprendisti stregoni capaci di ricalcarne le orme, a cominciare dal georgiano, da Osimhen per finire a Lobotka e Kim, il coreano. Identica suggestione, a ben riflettere, può essere scoperta dalle parti di Parigi dove il ritorno di Leo Messi con il titolo, finalmente in bacheca, di campione del mondo può diventare la nuova spinta per dare l'assalto alla Champions league che è il dichiarato obiettivo del club e del suo proprietario qatarino.
Nell'edizione passata, tutte le ambizioni di quel circolo di grandi firme del calcio mondiale, furono cestinate in una splendida serata di calcio, grazie allo scarabocchio di Donnarumma e all'artiglio decisivo di Benzema. Questa volta ha davanti la sagoma grifagna del Bayern Monaco.
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