Per adesso ai tifosi resta il cartonato sulle tribune e l'audio virtuale in tv. Oppure l'esultanza finta, come i giocatori del Borussia Dortmund sotto il muro giallo che non c'è. Il rinomato dodicesimo uomo in campo resta fuori dalla porta, ma il momento di salvaguardare quel legame è proprio adesso secondo Barbara Ricci, Presidente e Amministratore Delegato di SportWide Group, esperta di marketing sportivo, con un passato di rilievo in realtà del calibro di Juve e Inter.
Adesso cosa bisogna fare per non perdere il supporter inteso come consumatore?
«Il tifoso è il primo cliente, un patrimonio a tutti gli effetti. I post sui social rinsaldano il legame e lo tengono vivo, ma è un'attività fatta da uno verso tanti. Chi va allo stadio merita di più, un rapporto privilegiato per farlo sentire parte di quel mondo. Se gli togli la presenza allo stadio, che è la cosa principale, devi rendergliela in altro modo, pensare a un diversivo. Non poter essere sugli spalti per la propria squadra è un sacrificio».
Sediolini vuoti vuol dire anche incassi mancati. Ma è solo questione di soldi?
«È una componente, inutile negarlo. Se gestite bene, le revenue da stadio possono rappresentare fino al 30% degli incassi. I supporter generano ulteriori ritorni con gli sponsor e i fornitori, non pagano solo il biglietto. Aldilà delle questioni economiche, c'è un discorso di fidelizzazione: il brand, inteso come società di calcio, deve mantenere il legame col proprio cliente. I tifosi devono restare al centro, anche se negli ultimi anni si tende a rimpiazzarli con pay tv e social».
Bisogna già prevedere bonus per quando gli stadi riapriranno?
«Partiamo dal rimborsare quello che è stato pagato, ma non usufruito. Magari attraverso servizi, voucher, attività per quando torneremo alla normalità. E poi pensiamo anche al presente perché l'essere tifoso va riconosciuto sempre. Bisogna pensare a gesti dedicati, come la telefonata del calciatore nel giorno del compleanno oppure un invito, a piccoli gruppetti, per assistere agli allenamenti. In sicurezza, si potrebbe fare».
Il marchio e i gadget vanno difesi soprattutto ora che i ricavi scarseggiano...
«La contraffazione è un problema enorme. Bisognerà insistere sui punti vendita ufficiali perché quelli presenti negli stadi sono tagliati fuori o non sono in centro città. Piuttosto andrebbero potenziati i temporary store, per continuare a farsi vedere e non perdere il contatto con i fan».
C'è una ricetta di marketing fatta su misura per questa crisi?
«Ognuno ha la sua realtà e deve calibrarla sugli obiettivi che si pone.
Ma insisto, non bisogna perdere il legame di fedeltà con i tifosi. Meritano attenzioni più di tutti. I cartonati possono andare bene per questa fase, con i boati finti o altri rumori registrati inizia a diventare una messa in scena».
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