Forse c'è un motivo se da Rio 2016, sei mesi fa, l'Italia dell'atletica era tornata a casa senza medaglia, senza sorrisi, senza felicità ma con al collo solo la tristezza grande di essere riuscita, dopo 60 anni, a non salire nemmeno sul gradino basso di un podio olimpico. Di un qualsiasi podio. Forse c'è un motivo e si chiama Fabrizio Donato, 40 anni e mezzo, dove il mezzo è importante sottolinearlo, come si faceva da bambini. Perché nella sport arriva sempre il momento in cui l'età diventa un peso e anche i mezzi anni iniziano a contare capaci come sono di impreziosire ogni gesto atletico.
Fabrizio Donato è argento ai campionati europei indoor di Belgrado, argento nel triplo, al secondo tentativo, centellinando i salti per non far arrabbiare i tendini malconci, 17 e 13 la misura, 7 cm in meno del 32enne portoghese Nelson Evora e uno in più del 20enne tedesco Max Hess. Un centimetro fra loro e 21 anni e mezzo a separarli perché anche i mezzi anni contano.
Forse c'è un motivo se per l'Italia a Rio non fu medaglia, nessuna medaglia e a Belgrado è invece arrivata. Quel giorno in Brasile un nullo di meno di un centimetro, questo il verdetto della maledetta plastilina, aveva negato la finale a Fabrizio e con essa la speranza, per gli azzurri, che il loro capitano potesse raddrizzare le sorti della spedizione proprio come aveva fatto a Londra, quattro anni prima, con un bronzo inaspettato quanto sofferto. Invece niente.
A Belgrado si è corso lo stesso rischio, perché ieri, nell'alto, il buon Silvano Chesani, orfano di Fassinotti e Tamberi, ha concluso sesto (2,27 come il bronzo del bielorusso Seliverstau ma due tentativi in più, oro al polacco Bednarek a 2,32), l'attesissima 4x400 donne non è andata oltre il 4° posto e soprattutto perché, venerdì, i saltatori in lungo più in forma, Andrew Howe e Marcell Jacobs (buon 7° in gara l'esordiente Filippo Randazzo, 7,77), avevano incredibilmente fallito la qualificazione. Quel giorno, Fabrizio Donato, emozionato per aver centrato la finale del triplo, rivolto a Howe aveva detto: «mi toglierei io qualcosa per darlo a lui». Parole forti, parole morbide, parole sentite perché Donato ha salvato sì la spedizione azzurra evitandole lo zero netto nel medagliere, ma ora dovrà riuscire a salvare Andrew Howe, da ottobre suo atleta.
Ieri di lui ha detto: «Siamo sulla strada giusta» e su di sé ha aggiunto: «Qui avevo paura di farmi male, ho più di 40 anni però continuo a divertirmi». E forse c'è un motivo se Andrew ha scelto Fabrizio per tornare in alto.
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