Pierluigi Martini non è mai salito sul podio di una gara del Mondiale di Formula 1, ma oggi è uno dei piloti più invidiati. Per l'enorme trofeo che ha conquistato vincendo con la Bmw la 24 ore di Le Mans nel 1999 e per quelle due Tyrrell a sei ruote che tiene in garage e con cui ogni tanto va a girare in pista con i suoi vecchi meccanici dei tempi della Minardi e l'ingegner Tredozi che è più di un amico. «Ho l'unico esemplare costruito nel 1976 e uno dei tre fabbricati l'anno dopo». Qualcosa di più di uno sfizio. Anche un investimento. Con un vantaggio: le macchine le puoi guidare, i soldi non li puoi neppure guardare. Adesso che Piero di mestiere fa il trader, soprattutto immobiliare, sa di che si parla.
Dici Martini e pensi a Minardi.
«E pensare che dopo il primo anno mi aveva lasciato a piedi».
Un tradimento?
«Ma no, nel 1985 Minardi aveva un'auto sola in pista. Con dei grandi problemi di motore. Ma chi investiva era anche colui che portava i motori, non potevano che dare la colpa a me».
Appiedato. E poi?
«Andai in Formula 3000 e appena arrivò l'auto nuova cominciai a vincere sfiorando il titolo che andò a Capelli».
In attesa di ritornare da Minardi e salvarlo.
«Nel 1988 mi chiamò per correre a Detroit. La squadra rischiava di saltare, non c'erano più soldi. Arrivai in America e portai la Minardi a punti al sesto posto, quando non davano punti fino al decimo classificato. Salvai la Minardi».
Non fu l'unica volta.
«L'anno dopo stavano rischiando di cadere nelle prequalifiche. A Silverstone conquistai un quinto posto, trascinando anche il mio compagno Sala a punti. Minardi salvata un'altra volta».
Il rimpianto più grande?
«Aver firmato per la Ferrari e non averci mai corso».
Racconti.
«Firmai per il 1992 davanti a Piero Ferrari e all'avvocato Peter. Poi in Ferrari ci fu un ribaltone e la squadra corse fu affidata all'ingegner Lombardi che arrivava dai rally e conosceva poco i piloti».
Chi la fregò?
«La Scuderia Italia. Io avevo firmato per la Ferrari, Capelli per loro. Poi Lombardi telefonò in Scuderia e parlando con Remo Ramanzini gli chiese chi era meglio tra Martini e Capelli. Remo che mi voleva a tutti i costi gli disse Capelli Qualche giorno dopo Lombardi richiamò dicendo vi diamo un motore più aggiornato rispetto a quello promesso, però voi ci date Capelli».
Beh la Ferrari del 1992 è una delle peggiori della storia.
«Però è sempre meglio affogare in un mare grande che in un bicchier d'acqua. Mi sarebbe piaciuto correre per una grande scuderia».
Si è rifatto con la Bmw a Le Mans.
«Una grande soddisfazione anche perché Berger che gestiva il team mi chiese di tornare al volante per l'ultima frazione e fui io a tagliare il traguardo. Però ricordo con piacere anche gli anni in Formula 3000 quando con auto più o meno uguali vincevo spesso».
La storia racconta anche di un Martini più veloce di Senna in un test con la Brabham
«Avevo appena vinto l'Europeo di Formula 3 e Tanzi che con la Parmalat finanziava la Brabham mi propose a Ecclestone che però voleva Senna. Ci misero in macchina e io fui più veloce di Ayrton di 2 centesimi ma Ecclestone pur di non darla vinta a Tanzi prese sì un italiano, ma Teo Fabi».
In Formula 1 è riuscito a portare la Minardi fin in prima fila a Phoenix nel '90. Non fu solo merito delle gomme Pirelli?
«Le Pirelli non le avevo solo io».
Peccato che le Pirelli da gara non fossero altrettanto valide
«Partivamo davanti, ma poi con 200 chili di benzina era un disastro. Ad Adelaide nel 1989 avevo la mia chance. Su quella pista le gomme reggevano. Avevamo fatto un warm-up col pieno molto promettente poi venne il diluvio e le Pirelli da pioggia erano di cemento».
Bei tempi con tanti piloti italiani protagonisti. Che succede oggi?
«Oggi non ci sono più le piccole scuderie come Minardi, ci sono paesi che spingono i loro piloti, padri che comprano squadre per i figli e costa davvero tutto troppo fin dalle formule minori».
Le piace ancora la Formula 1?
«Sì, guardo le gare e se non fosse per Verstappen mi divertirei molto di più perché dietro sono tutti racchiusi in meno di un secondo. Senza Max avremmo avuto un sacco di vincitori diversi».
Ha corso ai tempi di Senna, Prost, Piquet, Mansell fino a Schumi. Verstappen è alla loro altezza?
«Max fa la differenza. Guardatelo nei confronti di Perez. Verstappen è come il miglior Senna tutte le gare. Per me Ayrton era il più grande di tutti. E Verstappen oggi è un martello sempre».
Cosa non le piace della F1?
«Le macchine sono troppo grandi, sono delle corriere. E i contatti su certe piste sono inevitabili. I commissari dovrebbero capirlo. La gente vuole vedere i duelli in pista. O cambiano i commissari o facciamo macchine più piccole».
Un'idea per rimescolare le carte?
«Portiamo Verstappen alla Ferrari che magari si trascina
dietro anche qualche tecnico. Oppure mettiamo Hamilton, Norris o Leclerc con Max in Red Bull. Ai miei tempi Senna e Prost correvano nella stessa squadra. Mettiamone due bravi sull'auto migliore e vedrete come ci si diverte».
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