nostro inviato a Lille
Ci sono episodi che durano frazioni di secondo e che possono cambiare una storia. La storia in questione è quella di una Nazionale tradizionalmente perdente per oltre 40 anni (dopo il successo continentale nel 1964), nonostante ottimi giocatori in rosa. Ma la storia della Spagna muta improvvisamente in una notte, infausta per l'Italia: è il 22 giugno 2008, il palcoscenico è l'Ernst Happel Stadion di Vienna, gli azzurri portano le Furie Rosse ai rigori nei quarti. Il destino è nei piedi di Di Natale, uno specialista dagli undici metri che però quella volta gli sono fatali. Piattone in bocca al portiere Casillas, non certo un tiro degno del miglior Totò. Così si chiude l'era azzurra di Donadoni e si apre quella vincente della Roja. Da allora padrone in Europa e nel mondo. Almeno fino a Brasile 2014, dove si interrompe il dominio spagnolo, rimasto invece incontrastato a livello di club. La generazione d'oro delle Furie Rosse riesce in quello che l'Olanda degli anni '70 aveva solo sfiorato: vincere e farlo con un'idea di gioco che si sposa perfettamente con i talenti a disposizione. Uno stile di gioco passato alla storia come tiqui-taca ed entrato in profondità nella cultura calcistica del paese, tanto da essere adottato anche dalle categorie giovanili e risultando anche lì vincente.
Tutto nasce con il ct Aragones, che intuendo che la fragilità difensiva della sua squadra derivi dall'inferiorità fisica dei suoi giocatori, decide di spostare la sfida sul piano tecnico. E così nell'Europeo 2008 la Spagna diventa la più offensiva. Anche se poi con l'Italia la vittoria arriva solo ai rigori e in finale con la Germania decide il gol di Torres. Il successore Del Bosque perfeziona ed estremizza l'idea di Aragones, arrivando al calcio del possesso totale, dove i movimenti in campo non vengono studiati ma costruiti in corsa dalle letture dei giocatori. La rosa delle Furie Rosse è composta da una generazione di calciatori che raggiungerà la propria consacrazione nel Mondiale 2010, prima affermazione iridata della Roja, ma che forse affermerà la propria ideologia calcistica nell'Europeo 2012, quando Del Bosque schiera una formazione del tutto priva di punte. Il bis continentale arriva ancora grazie all'Italia, che si inchina in maniera più pesante nella finale di Kiev. Dopo aver fatto soffrire le Furie Rosse nel girone. «Avevo un conto aperto con la Spagna, ci pensavo da allora» dirà Di Natale, autore del primo gol del nostro Europeo proprio alla truppa di Del Bosque. Troppo tardi: il ciclo della Roja è lanciato verso il terzo trionfo di fila.
Ma nel calcio le cose mutano in fretta. Come frettolosa è l'eliminazione da Brasile 2014. La Spagna che troveremo di fronte in territorio francese è più vecchia e più stanca nei suoi giocatori chiave. A risentire della crisi di risultati è il rapporto con i grandi sponsor che hanno deciso di rivedere i rispettivi accordi con la Rfef (la Federcalcio spagnola), uscendo preventivamente dall'orbita economica perché insicuri di trovare nella Roja un partner di valore e affidabile sul campo.
Fedeli alla causa solo alcuni partner storici, in attesa del rilancio delle ambizioni di una nazionale che deve ancora trovare gli uomini giusti per riprendere un percorso vincente. All'Italia, che ha creato il mito, il difficile compito di riportarlo sulla terra.
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