Jack, l'Iniesta degli azzurri "feriti"

Il 34enne viola esempio per la nuova generazione "distratta" da certe tentazioni

Jack, l'Iniesta degli azzurri "feriti"
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«Scusate il ritardo». Il Jack viola (e non black tanto per restare a temi di attualità...) prende in prestito il titolo di un famoso film italiano per descrivere la gioia del primo gol in azzurro. Amante della musica - suona la chitarra per rilassarsi nel tempo libero - ma anche dello yoga (la moglie Federica, medico dello sport, è insegnante della disciplina), quella del 34enne signor Bonaventura (nome che evoca il celebre personaggio dei fumetti) è la storia più paradigmatica di un gruppo azzurro dilaniato dal caso scommesse. Alla 16ª presenza di un elenco di gare in azzurro fatto soprattutto di amichevoli e un triennio in cui aveva creduto impossibile tornare a vestire la maglia azzurra, ha coronato la rincorsa. «Ho sempre creduto nel merito: se uno gioca bene e si dimostra fra i migliori deve stare in Nazionale», così il calciatore della Fiorentina qualche giorno fa.

«Perchè non dovrebbe esserci spazio per Bonaventura?», aveva detto Spalletti alla vigilia della sfida con Malta. Nel centrocampista della Fiorentina, che nei cinque anni precedenti aveva giocato appena due match in azzurro, ha trovato un esempio da mostrare ai più giovani e non solo per valori morali: Jack ha intuizione degli spazi, sa leggere tutte le situazioni, tanto da sapere dove essere in campo quando serve. Insomma professionalità mista ad esperienza. E poi quel colpo del campione che ha sbloccato la sfida di Bari. Il miglior antidoto al logorio del marcio moderno. «È il nostro Bellingham», la frase quasi estorta a Spalletti all'inizio del ritiro, quando ancora erano lontani gli echi della bufera e si pensava già alla partita di Wembley. Forse è più logico l'accostamento a Iniesta arrivato dopo la gara con Malta. «Come paragone mi sembra più giusto, è riuscito a uscire da 2-3 situazioni difficili in mezzo al campo», così il ct nella pancia dello stadio San Nicola.

Il poker a Malta ha ridato morale alla truppa che doveva lenire ferite non calcistiche ma profonde.

«Durante il ritiro è chiaro che si è parlato di ciò che è accaduto, ma quando c'è da preparare le partite la concentrazione è totale, tutto il resto rimane fuori», ha precisato Bonaventura. Che in Inghilterra potrebbe essere confermato. In onore di quei valori, umani e calcistici, offerti al gruppo azzurro.

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