Da Berruti a Jacobs, passando per Mennea. Torna all'Olimpico di Roma il Golden Gala, che dal 2013 porta il nome del barlettano, dopo un anno a Firenze. Si gareggerà domani nello stadio in cui il torinese Livio Berruti trionfò sui 200 metri con la memorabile volata dei Giochi del 1960. Ci saranno 16 campioni olimpici di Tokyo ma fra questi mancherà Marcell Jacobs, alle prese con la riabilitazione per superare l'infortunio e concentrarsi sui Mondiali di Eugene a metà luglio (tornerà ad allenarsi in pista già lunedì). «Marcell deve stare tranquillo, non deve perdere la fiducia in se stesso», lo incoraggia l'eroe di Roma '60.
Berruti, quali consigli darebbe all'olimpionico dei 100 e della staffetta?
«È soprattutto un gioco mentale. A Marcell, prima dei Mondiali, servirà fare una gara di verifica per togliersi questo blocco mentale che a volte si forma proprio per paura di rompersi quando si spinge al massimo. Non serve tanto una verifica sulle condizioni muscolari, ma mentali. A quel livello, il fisico è allenato e ben preparato».
Qual è la chiave per tornare al top?
«La tranquillità. Ma lui è uno che riesce sempre a gareggiare con disinvoltura, senza timori. Corre bene, ha una bella grinta e tensione nervosa. Difetti? Ha un po' troppi tatuaggi sul corpo...».
Quanto ha inciso la notorietà post-olimpica per Marcell?
«Bisogna non farsi travolgere: da una parte dà piacere sentirsi importante, ma dall'altra ti toglie la libertà di fare quello che si vuole. Adesso lui vive in un mondo bello ma controllato, sempre sotto i riflettori. Deve evitare di farsi troppo coinvolgere da queste situazioni. Tocca all'allenatore e al suo entourage evitare di metterlo troppo sotto pressione o stressarlo troppo».
Com'è stato invece il suo post-trionfo a Roma '60?
«Per 20 giorni presi parte a diversi eventi. Ed infatti arrivai all'Arena di Milano per Italia-Francia completamente privo di allenamento. Il francese Seye, terzo a Roma, mi batté sul filo. Entrambi avevamo fatto 207. Non volevo gareggiare ma purtroppo mi hanno convinto ad iscrivermi per amor di patria».
Ci sono similitudini tra il suo successo e quello di Jacobs?
«Ho visto che, prima della partenza, tutti erano nervosi mentre lui era sereno e tranquillo. Mi sono rivisto in lui, nella sua sicurezza. Non l'ho visto teso o impaurito, come a volte capita in quei momenti importanti, ha saputo controllare bene le sue emozioni».
Dove ha visto la finale dei 100 di Tokyo?
«A casa, davanti alla tv, si vede meglio l'evento che sugli spalti. Sono rimasto positivamente sorpreso dal fatto che Marcell non era in testa all'inizio ma ha saputo correre bene, con una progressione splendida, composta, senza sbandate, applicando fino in fondo la sua qualità muscolare».
Quanto la rende fiero questo momento d'oro dell'atletica italiana?
«Mi rende felice, perché è un catalizzatore trainante per le persone, soprattutto per i giovani. E a proposito: spero che anche Tortu possa migliorare e rimanere l'avversario prediletto di Jacobs».
Anche lei ha avuto un problema fisico?
«Purtroppo si è riacutizzato un vecchio problema al nervo sciatico nella gamba destra che mi ha tolto un po' di sicurezza nel movimento. Per questo, devo usare due stampelle per maggiore sicurezza. Sono un po' bastonato... È la vendetta della storia, la nemesi sono le gambe. Il destino si vendica e mi mette in crisi».
Che estate sarà per l'atletica?
«Le sorprese sono sempre dietro l'angolo, soprattutto nelle gare di velocità.
Lo sport è bello perché è sempre imprevedibile, non sempre i migliori riescono a vincere. Lo sport è bello se fatto con disinvoltura, se la gara la affronti con spirito di alea iacta est, quando sei in ballo, balli, se ce l'hai ce l'hai. E corri».
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