"La Juve è vulnerabile e io sto studiando come (ri)farle male"

L'attaccante colombiano della Sampdoria, Duvàn Zapata, sfida i bianconeri nel suo momento magico

"La Juve è vulnerabile e io sto studiando come (ri)farle male"

nostro inviato a Genova

Duván Zapata sa come si segna alla Juventus. Lo ha fatto nella scorsa stagione con la maglia dell'Udinese, il 5 marzo, nell'1-1 che per la Signora si rivelò uno stop indolore. Ora che veste quella della Sampdoria e che sta attraversando forse il più felice momento della sua carriera, l'attaccante colombiano, 26 anni, alla sua quinta stagione in Italia, prova a bussare di nuovo alla porta di un Buffon che ha trovato nuova grandezza in uno dei momenti più tristi della sua, di carriera.

Zapata, arriva la Juventus e voi quest'anno a Marassi sapete solo vincere...

«La Juventus è una squadra solida che sa quello che vuole. Per noi sarà una partita complicata, ma se facciamo quello che sappiamo fare, i tre punti resteranno qui».

Non pare più una Juventus quasi imbattibile, però.

«La classifica dice che rispetto all'anno scorso è più abbordabile. Non sembrano avere la stessa ferocia e la cattiveria, sono più vulnerabili e noi proveremo ad approfittarne».

Tra i bianconeri gioca il tuo connazionale Cuadrado. Siete amici?

«Juan l'ho conosciuto in nazionale, è un bravo ragazzo, anche se rispetto a me, che sono riservato, mostra di più quell'allegria che voi vi aspettate da un colombiano».

E il tuo gemello Muriel?

«Lo conosco dai tempi della nazionale Under 20 in Colombia. È andato via dall'Italia, in una grande società (il Siviglia, ndr) che gioca la Champions, anche se non sta avendo molta continuità».

Quella continuità che sembri invece aver trovato tu.

«A Genova credono in me. Mi hanno comprato, mi hanno pagato caro, mi sento uno di loro. Mi trovo bene e credo che in campo si veda».

Però anche a Udine credevano in te. La scorsa stagione hai giocato sempre.

«Io a Udine mi trovavo bene ma ero di passaggio, sapevo che sarei tornato a Napoli...».

Ecco Napoli. Croce e delizia.

«A Napoli sono arrivato nel 2013 e ho trascorso due stagioni positive, il mio ruolo era chiaro, ero il vice-Higuain e dovevo rubare i minuti possibili».

Poi però la scorsa estate il ritorno non è stato felice...

«Avevo capito di non essere parte del loro progetto. Io e Strinic ci allenavamo separatamente, facevamo il riscaldamento con gli altri e i lavori specifici da soli. Sono stati mesi molto duri».

Un messaggio per Sarri?

«Ma no, lui faceva quello che gli aveva chiesto la società, emarginarmi. Della squadra e dei tifosi ho un buon ricordo. Ma dei dirigenti meglio che non parli, non direi qualcosa di educato».

Anche perché poi Milik si è infortunato e avresti avuto qualche chance in più.

«Ma no, non credo. A me dispiace perché dovrò sempre ringraziare il Napoli che è la società che mi ha portato in Italia e mi ha fatto conoscere».

Però nella tua carriera dovunque sei andato sei stato accolto con diffidenza.

«Qui a Genova no. Sono il giocatore più pagato della loro storia...».

I tifosi li hai conquistati esultando con il gesto della pipa, come il marinaio dello stemma. E l'allenatore come l'hai conquistato?

«Giampaolo è un grande, sa gestire molto bene le squadre. Ha le idee chiare e questo rende tutto più facile. È riuscito a farmi piacere anche giocare in un attacco a due. Prima pensavo che fosse meglio essere solo».

Il tuo momento magico ha significato anche il ritorno in nazionale...

«Sì, ho tante aspettative per il Mondiale a cui conto di partecipare, anche se mancano molti mesi e dovrò fare una grande stagione con la Sampdoria».

Che cosa pensa dell'assenza dell'Italia?

«Che non può esserci un Mondiale senza l'Italia. E che anche per noi stranieri che giochiamo in serie A non è un bene».

Lei vive in centro, contrariamente a molti giocatori.

«Sì, con mia moglie e i miei due figli stiamo a Carignano. Se ti trovi in una città nuova vivere in centro è più facile».

Differenze tra Napoli, Udine e Genova?

«Sono stato bene dovunque. Diciamo che Genova è una via di mezzo tra Napoli e Udine».

C'è un calcio che ti piacerebbe provare?

«Quello inglese. Tutti dicono che io ci starei a pennello, ma poi proprio perché là ci sono più giocatori come me, magari faccio più la differenza qui».

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