Passi la vita lavorativa, e nel mio caso sportiva, con pochissime soddisfazioni e riconoscimenti. E nonostante tutto questo mi sia realmente accaduto, l'aspetto bizzarro della mia è che a distanza di oltre trent'anni stanno ancora parlando di me, Lawrence Lemieux.
C'è chi ci è andato alle Olimpiadi, eccome se c'è andato, ha gareggiato, ha perso, è tornato a casa senza uno straccio di medaglia ma la gente lo ricorda più di chi ha l'oro al collo. Succede se decidi di perdere.
Larry, come lo chiamano, ultimo di sei figli, è nato su una barca a vela nel lago di Wabamun a ovest di Edmonton, Alberta, Canada, come del resto anche i suoi cinque fratelli. Siccome su quel guscio ci stava bene, c'erano tutte le cose che desiderava e non voleva altro, ha finito per viverci e quando si è fatto grande ha pensato che gli sarebbe piaciuto gareggiare per mettersi alla prova e magari cercare di vincere per diventare il più bravo marinaio del lago di Wabamun. Per farla corta, siccome è bravo e su questo nessuno aveva dubbi, finisce nella squadra canadese che si presenta alle Olimpiadi del 1984 nella classe Star e quattro anni dopo anche a Seul nella classe Finn, quella in solitario, superficie velica di 9,30 metri quadrati e 0,9 di immersione scafo, una delle barche più impegnative, se si alza il vento una scuffia dietro l'altra e diventi subito il marinaio volante.
Comunque il 24 settembre 1988 è in gara a Busan, primo porto della Corea del Sud a 450 chilometri da Seul, e in acqua ci sono le classi 470 e Finn, ognuna sui rispettivi corsi. È la quinta di sette gare, giornata splendida, vento intorno ai 10-15 nodi, perfetto. Grazie ai buoni tempi delle altre regate, Larry si trova in una posizione di classifica ottima, se la chiude come le precedenti il podio è assicurato. La partenza è fantastica, Larry è subito in seconda posizione e tutto fa pensare che salirà ancora, ha lavorato sodo, sa quel che fa, manovra la barca e la manda dove vuole, proprio uno spettacolo, sembra quasi che sorrida, deve solo gestire il finale, sta andando che è una meraviglia. Fin quando il vento decide per sempre di cambiare la sua storia, sale a 35 nodi di potenza, le imbarcazioni diventano improvvisamente invisibili quando le onde si alzano minacciose, forti, rumorose, su, giù, spanciate, c'è la boa, non la vede, prosegue, si volta: mio Dio, l'ho passata, devo rientrare e girarla!
Non può ancora sapere che quella distrazione sarà la sua involontaria gloria. Riprende, sorpassa nuovamente gli altri equipaggi, rientra in gara da scafato campione, tutto sembra si stia risolvendo quando scorge tra la risacca delle onde due figure in acqua e a poche bracciate un'imbarcazione rovesciata. Non può sapere che è il 470 della squadra di Singapore e quei due uomini in mare sono Siew Shaw Her e Joseph Chan: poco fa non ho visto la boa, pensa, figurarsi se qualcuno può vedere quei due, sono quello più vicino, li posso vedere solo io.
Abbandona la sua traiettoria di regata, dirige il suo Finn verso i due naufraghi che stanno boccheggiando, sicuramente feriti, soccorre per primo Chan finito a 20 metri dalla sua barca e non è in grado di nuotare. Larry si sporge, lo solleva con tutte le sue forze e lo stende sul Finn. Poi dirige verso Shaw che è aggrappato a un pezzo del 470 semidistrutto. Vento contrario e due uomini feriti a bordo che possono nuovamente finire in acqua, deve solo cercare di mantenere in linea di galleggiamento la sua barca e augurarsi che arrivi in fretta una motovedetta di soccorso dell'organizzazione. Trascorrono minuti interminabili, i due feriti vengono tratti in salvo, vorrebbero portare a bordo anche lui ma no, non si fa, sta bene, può continuare, molla tutti e si rigetta nella competizione, anche se la sua prestazione è compromessa definitivamente, è ancora sull'acqua ma ormai giù dal podio.
Arriva ventunesimo, undicesimo della sua categoria. Un eroe? No, ha solo fatto la cosa giusta, la prima legge del mare dice che se vedi qualcuno in difficoltà lo devi soccorrere. Larry non si sente un eroe e il giorno della premiazione delle regate veliche si presenta con il resto della squadra canadese per applaudire i vincitori, pensa che in fondo la vittoria dura un attimo ma quanto ha fatto durerà tutta la vita. Juan Antonio Samaranch, il presidente del Cio, consegna le medaglie ma la cerimonia non si ferma, si gira verso Larry e lo invita: per la sportività, il sacrificio e il coraggio dimostrato, gli dice, lei ha incarnato appieno gli ideali dei Giochi Olimpici. E gli consegna la medaglia della sportività in memoria di Pierre De Coubertin, voluta per rendere immortale il gesto di un atleta che si è distinto per lealtà nei confronti dell'avversario, nel pieno spirito dei Giochi.
È il primo canadese a ricevere questo riconoscimento, il secondo atleta ancora in attività al quale viene consegnata questa
prestigiosa onorificenza dopo il bobbista italiano Eugenio Monti.Larry poi è tornato a vivere su una barca a Seba Beach, Alberta, Canada, senza neppure uno straccio di medaglia olimpica da lasciare ai figli, solo un gesto.
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