Torino - Non ci sono più dubbi. Aleksandar Kolarov è stato, almeno per ora, il miglior acquisto della Roma di Monchi. Costato cinque milioni, ha i capelli brizzolati e compirà 32 anni il prossimo 10 novembre: però conosce il calcio come pochi, fa su e giù lungo la fascia sinistra come un ragazzino e non ha paura di prendersi responsabilità. Il suo mestiere non dovrebbe essere quello di buttarla dentro, però perché tirarsi indietro? Ecco, appunto. Un gol (decisivo) alla prima di campionato a Bergamo, un altro nella tana del Chelsea a metà settimana (fondamentale per intravedere il passaggio del turno) e, infine, uno a Torino ieri pomeriggio. Una puniziona alla Mihajlovic, in casa dell'allenatore serbo che aveva come idolo da bambino. Nel mezzo di una partita non granché, né da un lato né dall'altro: l'ha decisa lui, su punizione, appena passata la metà della ripresa. Con Sirigu non incolpevole, dando però credito alla conclusione del serbo: amicissimo di Dzeko, con cui ha condiviso anche l'esperienza al Manchester City e con cui sta provando a trascinare la Roma ai piani alti del nostro campionato. Un dato? Dei venti gol segnati finora dalla squadra di Di Francesco, 15 li hanno visti protagonisti in maniera diretta o indiretta: se non con un gol, con l'ultimo passaggio. Poi, certo, c'è anche il feeling fuori dal campo: le origini slave sono comuni, il modo di intendere la professione anche e le famiglie al seguito aiutano.
Brava la Roma, allora. Che, non va dimenticato guardando la classifica, ha ancora da recuperare il match contro la Sampdoria. I giallorossi hanno così dimenticato in fretta, pure tra i patri confini, il ko casalingo della settimana passata contro il Napoli. E, a loro merito, va anche detto che lo hanno fatto con una difesa inedita che aveva nel proprio mezzo due centrali mancini come Hector Moreno (all'esordio da titolare) e Juan Jesus, con Florenzi laterale destro e ovviamente Kolarov sul lato opposto. Di Francesco aveva poi piazzato Nainggolan nel tridente offensivo, ma solo per figura: il belga si accentrava appena possibile, lasciando così liberi Pellegrini e Florenzi di scorrazzare dal lato di Molinaro. In realtà nel primo tempo non succedeva granché: Toro (senza Belotti, ovviamente) molto bloccato, con Niang che non si accendeva mai e il povero Sadiq a mostrare tutta la sua giovinezza e inesperienza. Quanto a Ljajic, tra gli ex più attesi, la vedeva poco pure lui: un paio di scintille i granata le lanciavano prima di metà gara, ma Moreno era bravo ad anticipare Sadiq e Alisson poteva tirare un sospiro di sollievo. Semmai, prima della pausa toccava a Strootman divorarsi il possibile vantaggio su azione d'angolo, con Sirigu già approssimativo.
Di lì, la Roma prendeva l'abbrivio per provare a vincere davvero: Dzeko mancava il tocco da sotto misura e, dopo una conclusione di Ljajic arrivata al termine di una ripartenza, era ancora Strootman a vanificare una bella idea di Pellegrini fallendo la gestione di un apparentemente facile due contro uno. Il Toro però, nonostante l'allarme fosse già suonato più volte, non riusciva a scuotersi. E allora ci pensava Kolarov, un passato anche nella Lazio prima di trasferirsi oltre Manica a casa City: spinta di De Silvestri su Dzeko (rieccola, la connection slava), calcio piazzato dal limite e palla in rete.
Sarebbe stato il solo gol del pomeriggio torinese, con il vento nel frattempo alzatosi dentro e fuori il Grande Torino, con il pubblico di casa indispettito (fischiatissimo Niang, al momento del cambio) e Mihajlovic rientrato negli spogliatoi furibondo: due punti nelle ultime quattro partite sono bilancio pessimo.
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