«N on si fischia un giocatore della Nazionale», lamenta Mancini e dicono quei maestri di stile ed etica che in larga parte hanno ululato all'inno spagnolo, magari auguravano la morte ai figli dei loro beniamini passati ad altro club (Bonucci) e hanno fatto a pezzi Ventura e i suoi. Ci sarebbe da scrollare le spalle, guardando da che pulpito viene la predica, ma forse vale la pena chiarire perché i fischi a Donnarumma a San Siro sono stati non solo legittimi, ma anche istruttivi.
Primo: non è stata fischiata la Nazionale, ma la persona, l'uomo Donnarumma. Un ragazzo che deve tutto al Milan, che lo ha fatto esordire da teenager, lo ha coperto di milioni, ha pagato per anni il fratello portiere senza arte né parte e gli ha offerto un rinnovo mostruoso da 8 milioni di euro. Lui, per tutta risposta, ha piagnucolato affetto e riconoscenza e se n'è andato gratis di notte, come i ladri. Ora, come diceva il Marchese del Grillo, il tifoso milanista «potrà essere un po' incazzato, no?».
Secondo: fischiare, in maniera civile, senza violenze, è sacrosanto diritto del tifoso. Libero fischio in libero stadio. Chi blatera di comportamento indegno o come Mentana di «razzismo», la più idiota delle accuse - è o ipocrita o ignorante del tifo. Dove, come nella vita, i grandi amori che finiscono con inaccettabili mancanze di rispetto portano con sé inevitabili, feroci rappresaglie. Le fiabe hanno sempre il lieto fine, la realtà no.
Terzo: Donnarumma aveva il diritto di andarsene a guadagnare di più, ma la forma è sostanza. Shevchenko e Kakà, veri eroi rossoneri, se ne sono andati al giusto prezzo. Invece causare un danno economico al club a cui spergiuri amore è lo stile Raiola, indicativo della statura morale del procuratore e del suo assistito. È la nuova moda del ricatto. Legittima, ma chi semina vento raccoglie tempesta.
Quarto: il calcio senza i tifosi non esiste. Diventa un hobby come guardare Dr. House in streaming. Chi vive (e paga) per una squadra, ci investe passione, sentimenti. E se tutto ciò viene calpestato dal primo ventenne parvenu assetato di denari, la reazione sarà doverosamente dura. Che vesta la maglia della Nazionale, del Psg o della selezione Santi & Beati poco importa. Vale oggi per Donnarumma, varrà domani per qualunque altro giocatore vorrà prendere per il collo il proprio club. Quei fischi sono la trincea invalicabile di tutti i tifosi, non della curva rossonera.
Ciascuno è artefice del suo destino, ma il peso dei suoi comportamenti non ricade solo sul singolo.
Chi si mette in casa un personaggio discutibile deve essere consapevole dell'accoglienza che gli verrà riservata e che si riverserà sulla squadra intera. La maglia azzurra non è uno scudo spaziale contro le critiche. Non sia la sottana sotto la quale vanno a nascondersi i peggiori guappi del quartiere.
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