L'infinito Paltrinieri. Argento per dire addio

Stesso tempo dell'oro 2016 e ultima gara in vasca. È la quinta medaglia: nessuno come lui nel nuoto

L'infinito Paltrinieri. Argento per dire addio
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- nostro inviato a Parigi -

Quando a Rio conquistò l'oro nei 1500, appena toccato e letto il risultato sul grande schermo, Greg pensò «ma tutto qui? Se non altro nessuno mi fermerà e dirà, ah, eccolo il fesso che aveva vinto ogni gara e ha perso quella più importante». Quando Greg, con otto anni in più su spalle, braccia e gambe, ha toccato a 30 anni facendo lo stesso tempo di Rio 2016, ha sorriso, si è voltato, ha guardato Finke e gli ha detto: «Bobby, sono venti anni che provo a fare il record del mondo... mortacci tua». Dopodiché ha pensato però che stavolta per fargli perdere la gara più importante c'era voluto il primato dell'americano, 14.30.67. Finalmente annullato quello che durava da 12 anni del mai limpidissimo cinese Sun Yang, per Paltrinieri 14.34.55, tramortito il favorito della vigilia, l'irlandese Wiffen.

Greg d'argento che vale oro, Greg come mai nessuno nel nostro nuoto, quinta medaglia, superate le quattro di Massimiliano Rosolino viziate però da una staffetta. Greg che non ha ancora finito e questa è la cosa più bella. Perché venerdì lo aspetta la prova che adesso è in cima al suo cuore e per cui lascerà la vasca: la 10 km in acque libere e, purtroppo, qui sporche se saranno come sembra quelle della Senna. «Quinta medaglia, stesso crono dell'oro di Rio» dice «come se gli anni non passassero, ma credetemi è stato tutto così difficile, dal primo giorno dopo Tokyo a poco fa». Perché c'è la gioia da assaporare e c'è il futuro da programmare per togliersi altre soddisfazioni. «Non è finita qui» aggiunge, «ora un po' di riposo, da giorni ho la febbre da stress, me la sono misurata fino a poco fa e... e però ho visto Djokovic vincere e mi ha gasato». Solidarietà fra «vecchietti».

Adesso, però, Houston, abbiamo un problema. Perché Greg dice anche quel che tutti temevano: «Potrebbero essere state le mie ultime gare in piscina mentre con il fondo potrei andare bene ancora qualche anno. Ormai non ragiono più a medaglia». Ma Houston, che cosa sarà l'Italnuoto in vasca senza Greg? Dietro Paltrinieri, con quella cattiveria ed eleganza agonistiche, non c'è ancora nessuno che possa solo avvicinarlo. Dopo Federica, Greg adieu, quindi, dobbiamo farcene una ragione. I testardi della fatica ci stanno abbandonando uno dopo l'altra. Il nostro nuoto, parlano le medaglie, cinque qui a Parigi, due ori, un argento e due bronzi, è pieno di ragazzi in fiore come Ceccon e Martinenghi e di germogli che profumano, Benedetta Pilato è già sbocciata, la piccola Sara Curtis lo farà, però nessuno ha fin qui mostrato di avere dentro, probabilmente tra pancia e cuore, quella bestia nascosta che trasforma il talento in costanza rabbiosa. Perché è solo la rabbia agonistica che ha la forza di regalare anni al talento. «E adesso provo orgoglio per quanto fatto, perché ho dato proprio tutto per farmi trovare così pronto a Parigi» sorride Paltrinieri.

La bestia nascosta, Fede la camuffava di lacrime, Greg di sorrisi tirati sul viso scavato. Come quando lo informano del suo amico, Gimbo Tamberi, in ospedale per controlli. È come se parlasse di se stesso: «Mi avevano detto che non stava bene, non sapevo che fosse in ospedale. Gli scrivo, quel che posso dire è che sono andato all'Olimpiade di Tokyo con la mononucleosi. Hai il fuoco dentro che arde, io ho gareggiato con la febbre, 37 e 1. Anche lui ha il fuoco che arde. Vogliamo farcela a tutti i costi e la mia olimpiade non finisce qui».

Nelle storie che vale la pena raccontare e ricordare, c'è sempre un cerchio da chiudere: Greg iniziò dal mare, non dalla piscina, senza vedere sotto, al largo di Stromboli, quando era poco più che bambino, con papà che s'allontanava e lui a inseguirlo.

Non era impaurito, solo incacchiato perché gli stava davanti fra le onde. Un po' come adesso mentre, stanco morto, sente già la bestia dentro perché vuole un'altra medaglia. Dal mare alla vasca alle acque libere. Sperando non siano quelle della Senna.

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