Roma Sembrava esserci l'eco ieri all'Olimpico. Specie a inizio e fine partita quando, per decine di minuti, senza sosta, tutto lo stadio cantava solo per lui. Quel «Daniele De Rossi eeeh, ohhh» rimbombava da curva a curva. La sensazione, forse nemmeno voluta, era che il coro fosse eterno. Dopo 18 anni De Rossi lascia la Roma. Lo fa su decisione della società che non gli ha voluto rinnovare il contratto in scadenza. Ieri Roma-Parma si è trasformata in un omaggio al capitano che se ne è andato. A ogni tocco di palla il pubblico lo ha applaudito, per tutta la partita si sono alternati cori contro Baldini, Baldissoni e Pallotta che hanno bruscamente troncato il rapporto d'amore fra DDR e la piazza giallorossa (sparsi per la città anche diversi striscioni volgari e offensivi). Ogni settore ha voluto omaggiare De Rossi con una coreografia (Curva Sud, Tribuna Tevere, Distinti Nord-Est) o con diversi striscioni che, per tutto il corso della gara, si alternavano. «Ci hai rappresentato in campo per 18 anni... Da oggi la tua Curva rappresenterà te per sempre». Oppure: «Il mio io in campo», «Siamo tutti DDR», «Eternamente nostro capitano» e «De Rossi è il Romanismo».
In campo, intanto, si giocava Roma-Parma, stessa partita che consegnò lo scudetto ai giallorossi nel 2001, quando De Rossi era ancora nel settore giovanile. Nessuno era però realmente interessato al risultato (2-1 finale), anche perché nessuno credeva nel miracolo Champions (la Roma finisce sesta con i preliminari dI Europa League da affrontare).
Per i giallorossi è andato però in gol Pellegrini che, insieme a Florenzi (l'uomo che piangendo ha ereditato la fascia all'uscita dal campo di De Rossi), rappresenterà il romanismo da qui in avanti. Romanismo che ha perso un simbolo importante. Anche se il coro per lui riecheggia ancora.
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