Dai torcetti piemontesi alle ostriche della Costa Azzurra. «Anche se io non amo molto questo tipo di mollusco. Se c'è da festeggiare li prendo più per i miei ospiti che per me: io mi accontento di poco. Mi basta qualche torcetto, tipico dolce delle mie zone, e un buon bicchiere di Coca Cola, altro che champagne».
Beppe Acquadro, 52 anni, agente internazionale di corridori ciclisti, non cambia colpo di pedale neanche dopo il boom di uno dei suoi assistiti più giovani e dotati: Egan Bernal. La vittoria al Tour, che segue quella al Giro di un altro dei suoi uomini, l'ecuadoriano Richard Carapaz, non gli ha fatto cambiare le sue abitudini.
Per vent'anni ha dato una mano alla gestione della pasticceria di papà Pietro e Mamma Maria, ad Andorno Micca, in provincia di Biella, fino a quando un giorno si trova di fronte un corridore che gli chiede espressamente aiuto, e per lui, che le mani in pasta nel ciclismo ce le ha sempre avute, anche per essere stato un discreto corridore dilettante (ha corso anche con la Ucab 1925 Biella), inizia una nuova vita.
«Un giorno Leonardo Scarselli, un discreto corridore toscano degli anni Duemila, mi chiede se gli do una mano. Non me lo faccio ripetere due volte».
Da Adorno Micca a Montecarlo: oggi gestisce una quarantina di atleti, uno più forte dell'altro. Oltre a Bernal, i fratelli Quintana, Carapaz, Rigoberto Uran, Kwiatkowski, i fratelli Izaguirre, Fraile, Sosa, gli italiani Diego Rosa, Salvatore Puccio e Kristian Sbaragli...
«Ne ho tanti, e il 70% sono colombiani. Ormai ho un nome, mi conoscono, e ho persone preziose come Rigoberto Uran che sono ancora in gruppo e mi danno una mano».
Oggi chi manda avanti la pasticceria?
«Nessuno, i miei genitori sono andati in pensione, e si godono la vita».
Sa che in gruppo lei è conosciuto come il Raiola del ciclismo?
«E mi fa piacere, significa che sto lavorando bene».
Lei è figlio unico?
«Sì. Sono separato, ho due figlie (Astrid e Eleonora) e una nuova compagna: Valeria. Per il resto, lavoro e soltanto lavoro. Anche perché mi piace da pazzi».
La sua struttura è grande?
«Mi avvalgo della consulenza di uno studio di Monaco, e di quella di Fabio Pavone, un bravissimo avvocato».
Cosa ha fatto per festeggiare degnamente la vittoria di Egan al Tour?
«Niente di particolare. La sera di Val Thorens, giorno in cui ha vinto Nibali e Egan ha praticamente messo in bacheca il Tour, abbiamo fatto una partita a bowling, che lui ha regolarmente vinto».
Cosa si prova ed essere il procuratore che, come Pantani, ha vinto Giro e Tour nella stessa stagione?
«È il massimo. E spero di fare tris alla Vuelta, sempre con Carapaz».
Egan era un predestinato.
«Lui è un fenomeno, e nonostante oggi siano in tanti a salire sul carro del vincitore, lui è quello che è per sua mamma e suo papà».
Quali saranno i prossimi obiettivi di Egan?
«Una bella classica Monumento: il Lombardia è fatto per lui».
È vero che lascerà Andorra per approdare a Montecarlo?
«Sì, entro la fine dell'anno traslocherà».
Quest'anno la doppietta l'ha fatta lei, quando pensa possa tentarla anche Egan?
«Lui è legato alla Ineos fino al 2023, saranno loro a deciderlo».
Il Mondiale del prossimo anno in Svizzera, a Martigny, sembra essere molto duro: può essere il suo obiettivo?
«È chiaro che una maglia iridata è sempre una maglia iridata, ed Egan ce l'ha ben in mente».
Se
dovesse realizzare anche il tris con la Vuelta, cosa si concederebbe?«Guardi, io non ho vizi, ma solo una grande passione: il mio lavoro. Detto questo, mi bastano dei torcetti piemontesi e un bicchiere di Coca Cola».
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