Un anno dopo Kiev, la storia non cambia. Come non cambiano i gol incassati (quattro). Subiamo un'altra lezione di calcio dagli spagnoli, anche con gli azzurri più giovani, nonostante il punteggio finale non sia così pesante come quello incassato dalla truppa di Prandelli 12 mesi fa nell'Europeo dei grandi. L'Italia di Mangia cerca di rimanere aggrappata al match con qualche accenno di reazione, ma i timori (e le pecche) della difesa azzurra, un paio di errori sotto porta di Florenzi (il primo sull'1-1) e soprattutto il dominio nel fraseggio degli spagnoli oltre che la serata di grazia di Thiago Alcantara sono gli elementi che fanno pendere la bilancia a favore dell'eccezionale gruppo di Lopetegui. Ct che bissa a distanza di 12 mesi il trionfo europeo ottenuto con l'Under 19 e conferma ancora una volta che anche a livello giovanile, la Spagna è più di una spanna sopra le altre.
Che fosse una missione impossibile gli azzurrini lo sapevano bene alla vigilia. Bastava leggere le formazioni (rispetto a quelle previste, c'è solo l'inserimento di Morata al posto di Rodrigo in attacco tra gli spagnoli, l'Italia ha confermato l'undici che aveva superato l'Olanda) per capire il tasso tecnico superiore dei nostri avversari: campioni in carica, imbattuti da 25 partite (con 22 vittorie), talenti in quantità industriale inseriti in un gioco che li esalta, minutaggio dei singoli nettamente superiore ai nostri nei propri campionati e nelle Coppe europee. Ma il mancato «happy end» non cancella il buon torneo degli azzurrini, gli unici a segnare gol all'«Invincibile Armada», che ora chiedono però maggiore fiducia alle proprie squadre di club in un movimento che continua a ignorare o quasi i 23 azzurrini.
Non sono sufficienti gli occhi di tigre e le dichiarazioni di circostanza. Nè serve il bel gol di Immobile sul lancio millimetrico di Bianchetti che impatta subito il vantaggio lampo di Thiago Alcantara. La stellina del Barcellona, brasiliano naturalizzato spagnolo, ma originario del Brindisino (suo padre era il Mazinho che negli anni '90 giocò in serie A con Lecce e Fiorentina) sigla una tripletta, gentile concessione dei difensori azzurri - i buchi di capitan Caldirola sui primi due gol, il fallo in area di Donati su Tello nel terzo realizzato dal dischetto -. Nel mezzo la grande occasione fallita da Florenzi, forse ipnotizzato da De Gea, portiere del Manchester United; più tardi - a partita già archiviata dal secondo rigore spagnolo, trasformato da Isco, ingenuità di Regini su Tello - il gol di Borini, eroe della semifinale con gli olandesi.
La cifra tecnica degli spagnoli - confermatisi campioni d'Europa dopo il successo del 2011 in Danimarca - l'avevamo già vista nell'amichevole di Siena il 13 novembre scorso. Allora l'Italia perse 3-1 e giocò una ripresa più confortante. A distanza di sette mesi, il gap resta alto e Devis Mangia a fine partita lo giustifica così: «Il vero difetto dei miei ragazzi in questa finale è stata l'inesperienza, che colmeranno con un po' più di tempo rispetto ai loro colleghi. Per me meritano solo grandi complimenti, anche per i valori morali importanti che questo gruppo ha messo in evidenza». Il ct, mentre stava per calare il sipario sul match e c'era qualche invasione di qualche giovane tifoso (uno addirittura con la maglia dell'Inter), ha voluto salutare con un «cinque» tutto il suo staff e subito dopo ha consolato Insigne, seduto a terra con le lacrime agli occhi.
Il futuro della nostra Under è tutto da scrivere: nuovo ciclo (qualche giocatore dell'attuale gruppo è già nell'orbita di Prandelli), forti dubbi sulla permanenza di Mangia (si parla di Stramaccioni come sostituto). Di sicuro ora che siamo tornati protagonisti, non bisogna disperdere questo importante patrimonio.
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