Trento Una carriera incredibile, piena di titoli e di record. Eppure, l'emozione di quella maglia e di quei ricordi si fa sempre sentire, al punto che, durante la proiezione di un video celebrativo, non guarda nemmeno lo schermo, per evitare, forse, qualche lacrima di commozione. Questo è Paolo Maldini, un signore e una leggenda del nostro calcio, che ieri si è raccontato al Festival dello Sport di Trento. L'esordio appena sedicenne: «Non pensavo di poter essere in grado di giocare in Serie A. Una volta conclusa la partita, mi son detto che potevo farcela». Poi i grandi successi targati Sacchi («Un genio, ma talmente maniacale che lui stesso ne rimase prigioniero»), Capello e Ancelotti, «maestro nel gestire il gruppo». Il direttore sviluppo strategico area sport del Milan, però, ha parlato anche dell'attualità, con la missione di riportare il club tra i top del mondo, insieme all'amico Leonardo: «Lavoriamo fianco a fianco, dividiamo l'ufficio. Con le nostre esperienze vogliamo portare alla squadra i vecchi principi che hanno reso grande il Milan, perché la volontà è quella di tornare presto a vincere». Fondamentale il ruolo di Gattuso: «Rino ha un enorme senso di appartenenza ed è bravo a trasmetterlo ai giocatori. Inoltre è riuscito a cambiare la propria immagine: non è più solo grinta, ma ha fatto un salto avanti anche tecnico e tattico».
Non poteva mancare poi un accenno al suo ex presidente Berlusconi: «Visionario. È arrivato dicendoci che saremmo diventati i più forti al mondo. E aveva ragione. Il Monza in A? Secondo me ce la fanno, tiferò anche per loro».
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