Roma - L'Europeo della rinascita inizia a Roma con l'urlo azzurro: l'Italia c'è. O meglio è tornata. Una lezione alla timida Turchia che va oltre i tre gol. Una notte che racconta tutto: una squadra a questo punto davvero ritrovata dopo la Svezia di quattro anni fa. Il ventottesimo risultato utile di fila è quello più pesante, un esame superato che ha il merito di unire un Paese messo a dura prova dalla pandemia, di tornare a «indossare» la maglia azzurra (ieri bianca) dopo il mancato mondiale russo e l'Europeo di Francia chiuso con i rigori da dimenticare di Zaza e Pellè. Accontentato il ct Mancini: il «po-po-po» cantato dai sedicimila dell'Olimpico era sostenuto da sessanta milioni di italiani.
E che fosse Roma ad aprire il primo europeo itinerante era dettato dalla storia. Nella Capitale è nata l'Unione Europea 64 anni fa e dall'Olimpico prova a ripartire dopo essere stata travolta dalla pandemia riaprendo davvero le porte al pubblico, a sedicimila fortunati, compreso il presidente Mattarella. Non è l'Europa sognata, anche se il pallone prova unirla: otto delle ventiquattro formazioni qualificate non ne fanno parte formalmente.
Turchia-Italia è anche la partita che fotografa questa spaccatura (l'abbraccio tra la Leotta e il fidanzato turco Can Yaman è solo per i fotografi). La culla del cristianesimo di fronte alla bandiera della mezzaluna esaltata dal grido di Erdogan alla squadra: «Che Allah vi benedica e vi aiuti». Mentre Draghi dalla Cornovaglia si accontenta di un ecumenico: «Tutto il mio sostegno alle maglie azzurre».
Subito accontentato il premier, perché l'Italia raccoglie l'invito del Nessun dorma da brividi di Andrea Bocelli, culmine di una cerimonia inaugurale esaltata dagli inni: il Fratelli d'Italia (con i sottotitoli). Immobile e Insigne spengono l'urlo dei tremila turchi scatenati mettendogli paura. Italia che gioca nella metà campo avversaria, intasata dai rivali. Manca Verratti a centrocampo, dove in avvio Locatelli fatica su un palcoscenico a lui sconosciuto e Barella non ha la carica contiana. È Chiellini a impegnare di testa Cakir nella prima parata dell'Europeo. All'Italia manca solo il gol. Mentre la fantasia della Turchia è solo accennata in Yazici, mentre Calhanoglu si nasconde. Il possesso palla dettato da Mancini è efficace, paziente nell'aspettare il varco giusto quasi sempre a sinistra con Spinazzola. Per Donnarumma solo un'uscita bassa. Tre volte gli azzurri chiamano il rigore per un fallo di mano, solo l'ultima accende il Var che però non cambia la scelta dell'imperturbabile Makkelie, ma è solo la conferma delle contraddizioni arbitrali di casa all'Uefa.
Il primo cambio di Mancini è Di Lorenzo per Florenzi che ha l'effetto di riportare in equilibrio l'asse azzurro per 45' sbilanciato a sinistra. E proprio dalla corsia di destra nasce il vantaggio: Barella innesca Berardi, sul cui cross teso il bianconero Demiral infila nella propria porta. Gli azzurri sbloccati non sfruttano l'occasione per chiuderla subito con Insigne e Locatelli, poi Berardi. Ma è un monologo e per il raddoppio è solo questione di tempo.
Altra azione travolgente, Cakir dice no a Spinazzola, ma sulla ribattuta c'è Immobile. Quindi il tris di Insigne. Il primo passo che poteva essere una trappola finisce tra gli applausi. Mancini come Draghi con Erdogan: fa subito la voce grossa. L'Italia ha davvero qualcosa da dire a questa Europa.
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