nostro inviato a Monza
E adesso possiamo finalmente crederci. Nella resurrezione ferrarista. Magari già da oggi, pronti, partenza, via e chissà mai che le gomme supermorbide non aiutino Seb e Kimi in seconda fila a beffare le Mercedes alla prima staccata. E adesso possiamo finalmente dar fiducia alle truppe di rosso vestite e sperare che risollevino il capo e la classifica. Perché adesso sono diventate umili. Adesso non parlano, non proclamano. Adesso lui non dice «l'obiettivo dovrebbe essere vincerle tutte» e quelle cose lì. Adesso lui non dice «vinciamo il mondiale» e quelle cose là. Adesso, lui, il presidente Sergio Marchionne, dice quel che è giusto dire nello sport quando le randellate prese sono state tante, quando anche la sfortuna è stata troppa e piani, progetti, previsioni sono andati a farsi benedire. Ammette: «Abbiamo fallito gli obiettivi». Ammette: «Abbiamo tardato a fare dei cambiamenti, serviva uno scossone e Binotto Dt è la persona giusta». Ammette: «Forse abbiamo iniziato il 2016 con troppo ottimismo per le 3 vittorie del 2015».
Per la prima volta da quando il big manager italocanadese ha preso le redini del Cavallino è stato un ferrarista tra i ferraristi. Umiltà di toni e parole, consapevolezza del molto da ricostruire e però fiducia, grande fiducia nei propri uomini, kids, ragazzi, li ha persino chiamati. Se nelle altre, molte occasioni, in cui il presidente della Rossa era piombato nel paddock a sostenere i propri kids si era avvertito forte il senso di sabaudo e per cui inevitabile distacco da un gruppo di gente infarcita di inglesi e stranieri e però tremendamente emiliana, stavolta no. Stavolta persino il maglioncino era ed è perfetta metafora di un Marchionne finalmente e veramente ferrarista nel senso di uno di loro, operaio, pilota, meccanico, addetto stampa, telemetrista e qualsiasi altra funzione sia utile alla causa del ritorno alla vittoria. Ha infatti detto «non sono solito addolcire le cose, non siamo dove avremmo dovuto essere, non abbiamo sviluppato la macchina». Ha elogiato la sua seconda scommessa dopo il team principal Arrivabene, e cioè Binotto promosso da capo motori a direttore tecnico «un grande ingegnere che ha fatto un ottimo lavoro sulla power unit e sa gestire processi delicati in modo molto preciso». Ha tranquillizzato sul futuro «non abbiamo perso un colpo, il nuovo motore del 2017, per lo meno in parte, è già sul banco» e ha messo in guardia dalle Mercedes perché è «sorprendente come hanno migliorato ancora il motore». E sui piloti ha dato voce ai pensieri che affollano la testa di molti tifosi di rosso vestiti. Per cui Raikkonen elogiato per quanto sta facendo: «Una stagione strepitosa, grande maturità, lo ha aiutato aver avuto un figlio, mi aspetto molto da lui». Per cui Vettel tenuto in sospeso per quanto ancora non sta facendo: «È un grande campione, diamogli una macchina per vincere e poi vediamo».
Ma da oggi pomeriggio, proprio per il bagno di umiltà del nuovo vertice ferrarista e del buon lavoro fatto sui motori con i tre gettoni, da oggi Seb e Kimi potrebbero iniziare a fare cose e a farle bene. La posizione è quella giusta. Pasticci fratricidi come a Spa non dovranno esserci perché, vale la pena ricordarlo, «è stato un colpo al cuore» ha messo in guardia il presidente. Vettel e Raikkonen, terzo e quarto dietro ai due über alles, potrebbero davvero regalarci gara diversa e speranzosa. Anche se Hamilton e Rosberg hanno super motori e super telai e anche super manettini che regalano potenza e sospetti. Però scatteranno con le gomme morbide e non super morbide come il duo ferrarista.
Potrebbe dunque esserci spazio per un sorpassone. E se forse è troppo credere in una resurrezione pronti e via già oggi nel parco, almeno è lecito sperarlo. In fondo tutto è possibile dopo aver sentito Marchionne dire «we failed, abbiamo fallito».
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