A Miami tutto quanto ha fatto spettacolo tranne la Ferrari. I sogni della Scuderia sono ritornati in prigione senza neppure passare dal via. L'illusione di Baku è evaporata con la stessa velocità con cui a bordo pista si servivano cocktail esotici. La Formula 1 di quest'anno è un giardino privato della Red Bull, anzi di Max Verstappen che a Miami ha ridimensionato le manie di grandezza del suo compagno di squadra, battendolo, anzi quasi umiliandolo con una rimonta delle sue. La Ferrari che a Baku si era illusa di poter stare davanti a Aston Martin e Mercedes è ritornata ad essere la quarta forza in campo chiudendo lontanissima da Verstappen, ma lontana anche da Alonso e Russell. Un anno dopo Binotto siamo tornati allo stesso punto. Il «dobbiamo capire» che aveva trasformato il vecchio responsabile della Scuderia in una caricatura di Crozza, oggi è diventato la formula usata da Vasseur, Leclerc e Sainz per spiegare il momento. In Ferrari devono capire perché la SF-23 è competitiva in qualifica, ma in gara diventa inguidabile per la maggior parte del tempo. È come se avesse una finestra di utilizzo minima, difficilissima da centrare. Sainz c'è riuscito all'inizio, Leclerc verso la fine dopo che si era dannato anche per tenere il ritmo della Haas che monta lo stesso motore ed è stata studiata nella stessa galleria del vento. Il quinto e il settimo poco raccontano solo in parte l'inferno attraversato dalla Ferrari nel weekend di Miami dove ai limiti dell'auto si sono aggiunti gli errori di Charles in qualifica.
E comunque mai a livello Red Bull, al massimo per competere con Aston Martin e Mercedes. D'altra parte, dopo 5 gare la Red Bull ha 122 punti di vantaggio sulla Aston, 128 sulla Mercedes e 146 sulla Scuderia. Senza la squadra di Horner sarebbe un campionato bellissimo.
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