Michael Schumacher spegne cinquanta candeline: la leggenda del Kaiser non si affievolisce nonostante il passare degli anni, così come i suoi record, molti ancora imbattuti.
Maggior numero di gran premi vinti, di giri veloci in gara, di hat trick (pole position, vittoria e giro più veloce nella stessa gara) e naturalmente di titoli mondiali: sette.
Un numero impressionante, ancora lontano anche per un campione come Lewis Hamilton, dominatore con Mercedes di questa era ibrida. Una misura che rende ancora più valore al record del pilota tedesco.
Schumacher inizia la sua carriera a Kerpen, sul circuito di kart cittadino all’età di quattro anni: un imprenditore locale, Jürgen Dilk, rimasto impressionato dal ragazzino lo contatta pe supportarlo economicamente.
L’arrivo in Formula 1 è nel 1991 al volante della Jordan per sostituire Bertrand Gachot, in stato di arresto a Londra: il manager Willi Weber, per convincere Eddie Jordan a ingaggiarlo, mentì assicurando che Schumacher già conosceva il difficile tracciato di Spa-Francorchamps.
Si qualificò ugualmente settimo in qualifica, salvo ritirarsi in gara pochi giri dopo la partenza a causa di un guasto tecnico: ciononostante stupì gli addetti ai lavori, e Flavio Briatore fiutandone la bravura, gli offrì subito un contratto in Benetton.
Immediatamente a punti a Monza davanti al suo compagno di squadra il campione Nelson Piquet, nei successivi due anni si scontrò spesso con Senna: ad Hockenheim in Germania, i due arrivarono quasi alle mani nei box.
La consacrazione arriva nel 1994 con il primo mondiale vinto con la Benetton: un anno funesto per la Formula 1, con la morte di Senna e Ratzenberger a Imola, e dopo un combattutissimo gran premio finale in Australia con Hill. Vittoria replicata l’anno successivo con la medesima scuderia, per poi passare al periodo più vittorioso per lui: quello in Ferrari.
Undici anni indimenticabili anche per gli appassionati, con un lustro da dominatore assoluto nel mondiale piloti, tale da garantirgli il soprannome di Kaiser. Sei titoli costruttori e una leggenda, quella del binomio, insuperata ancora adesso.
Alla fine del 2006 poi, l’annuncio del ritiro: la pressione in aumento, la voglia di passare più tempo in famiglia come dichiarato da Todt ieri, e la scelta di lasciare il Circus.
91 victories, seven world titles, and just one word to describe him...
— Formula 1 (@F1) 3 gennaio 2019
Some of those that know Michael @schumacher best sum up the legend in just a single word. What word would you use?#KeepFightingMichael #Michael50 pic.twitter.com/pkAjK5nGIR
Il triennio quindi da consulente e collaudatore, che Montezemolo aveva voluto per lui in modo da rimanere nella famiglia Rossa: dal 2007 al 2009, fino al Gran Premio d’Ungheria.
Un grave incidente relega Massa ai box per il finire della stagione, e Schumacher viene chiamato come sostituto naturale con la gioia dei tifosi: il tedesco purtroppo deve però rinunciare, a causa di un problema al collo a seguito di una caduta in moto.
Il gusto della Formula massima si riaccende nel campione, che richiamato per il rientro in Mercedes nel 2010 accetta: un triennio deludente stando ai meri risultati, quello di Schumacher, che non riesce a bissare campioni del passato come Lauda, vittoriosi al rientro.
Un rientro importante per la scuderia tedesca, che attraverso Michael getta le basi per un metodo lavorativo e non solo vincente negli anni avvenire, come dichiarato da Ross Brawn in una recente intervista. Lui, che in quegli anni era stato direttore tecnico per la stella a tre punte, aveva nuovamente potuto lavorare al fianco del campione.
Una carriera impressionante, amato dai tifosi italiani anche dopo il passaggio in argento, visto come un tradimento da qualcuno, che mai aveva
cancellato il ricordo e il mito degli anni in Rosso.Poi il silenzio di questi anni. Un silenzio che pesa, ma che rispetta la volontà sempre espressa dalla famiglia, nella speranza di un suo possibile e mai dimenticato ritorno.
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