Squadra che vince non si cambia, anche se resta da capire se poi sono tutti contenti. Perché il risultatismo non è solo quello del campo, ma anche quello di cassa, e qui partita non ce n'è: a livello mondiale, nessuno come il Milan sa crescere in termini di brand, nella finestra dell'ultimo quadriennio.
Rispetto alle altre, sarebbe un colpo da ko: +162%, con un valore passato dai 152,7 milioni del 2021 ai 400,7 attuali. Per dire, l'oscillazione maggiore al rialzo delle altre è quella del Bayer Leverkusen, ferma però a un +94% che in termini assoluti significa 333,6 milioni. Il Milan è anche il solo club italiano nella top 50 mondiale ad aver aumentato il proprio valore nell'ultimo anno.
Però c'è un però, come quando si racconta che l'operazione è andata bene, ma il paziente è morto. Perché se nel far di conto c'è da togliersi il cappello, c'è poi sempre maglia e sciarpa rossonera da indossare al Secondo blu. Dove, invece, il tifoso di curva sa bene quanto l'austerity economico-finanziaria del club non vada di pari passo con lo slancio sul mercato.
Gli striscioni e le contestazioni di fine stagione, i reiterati mal di pancia di fronte a una gestione societaria più attenta alla sostenibilità economica, non sono dimenticati. Una stagione fatta di una Champions finita troppo presto, di un'Europa League salutata contro una Roma meno quotata in A e soprattutto il sesto derby consecutivo perso, hanno portato quasi al punto di non ritorno: perdere in casa e consegnare la seconda stella ai cugini ha lasciato il segno. «La pazienza è finita: il Milan non è un prodotto su cui speculare e Milano non è una piazza che si accontenta di partecipare», scriveva uno striscione esposto in curva a fine aprile, nei giorni in cui si parlava più dello stadio a San Donato che delle operazioni di mercato per rifare competitivo il Milan (ieri, 1-1 in amichevole con il Rapid Vienna). «Se questa proprietà pensa di essere all'altezza di queste prerogative e lo dimostrerà con fatti concreti (e la scelta del nuovo mister ci farà già capire molto), continuerà a godere del sostegno instancabile di un popolo follemente innamorato», proseguiva lo striscione. Risultato: Lopetegui vicino a firmare per il dopo Pioli, tifo on fire per dire no, salvo poi ritrovarsi con Fonseca (in foto) e riservargli un benvenuto croccante come un panino scongelato al microonde.
Certo, da buon padre di famiglia, il club ha dimostrato di saper governare le finanze e sbottonarsi quando serve, come con Morata.
Ma al tifoso, innamorato per definizione, non può bastare: all'algida impiegata tutta tailleur e occhialini puntati sulla calcolatrice, preferisce l'animatrice sorridente che gli racconta di sole e mare. Meno svedese e più brasiliana. Prendila te quella col cervello, il milanista vuole una donna con la gonna. Se poi è anche benestante, meglio ancora.
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