Ci fu un giorno, 24 ore appena, a luglio inoltrato, con la notizia del rinnovo di Pioli appena scodellata da Gazidis, in cui il Milan stava per perdere il suo Gulliver, deciso a ritornare in Svezia per stare vicino alla famiglia rimasta a Stoccolma. È questo il particolare inedito, raccontato da Zlatan Ibrahimovic al suo antico sodale Ambrosini nella chiacchierata per Sky sport andata in onda venerdì sera. «La sera prima diedi la notizia a Pioli, il giorno dopo venne da me e mi disse: se vai tu qui cambia tutto. E promise che con Gazidis e Maldini avrebbe fatto di tutto per convincermi. E allora decisi di restare, chiamai Mino e gli dissi: chiudi». Dietro il primato, inatteso e per certi versi considerato di passaggio, del Milan c'è anche questo piccolo segreto svelato nei giorni in cui lo stesso decisivo interprete, fermo ai box per qualche altro giorno, continua a ripetere la sua filosofia adottata dal resto del Milan che segue in modo molto disciplinato il proprio precettore. «Se accetto un passaggio sbagliato? No. Se metto pressione? Sì»: Ibra è di quelli, alla Sacchi per capirsi, convinto che «se ti rilassi in allenamento, ti rilassi anche in partita».
E se, senza di lui, il primato regge e va incontro a nuove trappole tipo quella di stasera con la Samp, il merito è proprio di Stefano Pioli che spiega d'aver parlato col cuore in mano quel giorno convincendo il suo gigante a restare e a completare il rinascimento rossonero.
Che passa attraverso un paio di precetti. «Chi si prepara meglio, alla fine vince» spiega il tecnico e coglie l'occasione per ringraziare i giardinieri di Milanello riusciti nell'impresa di liberare un campo d'allenamento dai 30 centimetri di neve caduta nel varesotto e che consente, ai più giovani del gruppo, di divertirsi allestendo una breve guerra a palle di neve, ripresa con un filmato dal club e pubblicato sui social. A dimostrazione che ci si può anche divertire in un clima di operosa attività ricostruito grazie proprio a quel vecchiaccio di Zlatan, accusando la fatica di tante partite ravvicinate, una dopo l'altra, in una maratona incredibile d'accordo ma evitando di ripetere il peccato commesso contro il Celtic, «un calo di tensione a cui poi siamo riusciti a porre rimedio». E d'altro canto, con questa classifica, il Milan non può permettersi cedimenti nelle settimane in cui sono in tanti a pronosticargli un calo, un piccolo crollo. «Non so cosa pensano gli altri e non m'interessa nemmeno» riflette Pioli che è però consapevole di come sia cambiato il clima intorno al Milan. Si organizzano per castigarlo alla prima sconfitta. Specie dopo aver letto le affermazioni di Ferrero, presidente della Samp («spero escano alla fine tutti sudati ma per i 2 gol che gli daremo noi»).
«Lo capisco: siamo diventati l'obiettivo di tutti» sostiene senza un solo lamento per i tanti assenti (Kjaer dopo Ibra e Leao) che pare non tolgano pericolosità all'attacco dove c'è solo Rebic alla ricerca del gol smarrito e non ancora tornato alla quota di rendimento toccata prima dell'infortunio al gomito.
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