Il rugby torna a Rugby per riscrivere la storia

Nella cittadina a un'ora da Londra nacque questo sport nel 1823. Quasi 200 anni dopo conquista 800 milioni di telespettatori

Il rugby torna a Rugby per riscrivere la storia

Mai rovinare una bella storia con la verità. Soprattutto quando si tratta di un luogo sacro per i devoti della palla ovale. La mecca dei pali ad acca, dove tutto è cominciato. L'origine del gioco, maturato in sport professionistico eppure fedele custode di tradizioni e valori lontani. Che riconducono ad una scuola di Rugby. Intesa come città, poco più di 60mila abitanti. Placida, lenta, ordinata. Londra è ad un'ora di treno, ma distantissima con la sua frenesia cosmopolita. La nascita del rugby, inteso come sport, è ricordata all'ingresso nella cittadina da una sobria insegna: “La casa del Rugby Football". Proprio come lo chiamavano gli studenti della Rugby School, dove è sepolta la pietra filosofale del rugby moderno, custodita dalla statua di William Webb Ellis, il profeta.

La storia è nota. Nel 1823, in occasione di una partita di football sui generis (le squadre erano composte anche da 250 giocatori..), il giovane Ellis raccoglie la palla con le mani e corre verso la linea di fondo campo avversaria. E la schiaccia a terra. Un'interpretazione arbitraria di norme non ancora standardizzate. Anche se gli appassionati preferiscono intenderlo come l'atto sovversivo di uno sport cresciuto sull'ossequiosa aderenza alle regole. Presto la ribellione di Ellis (filologicamente molto incerta) si diffonde e trova proseliti in tutto il paese. La sua fama cresce di pari passo con quella del nuovo sport. Rugby esporta il rugby, che va incontro alla sua codificazione. E al successo planetario, con il passaggio dal dilettantismo al professionismo. Così oggi la sua coppa del Mondo è il terzo evento sportivo più seguito, dietro a Olimpiadi e Mondiali di calcio.

Ieri nel tempio di Twickenham è cominciata l'ottava edizione: l'Inghilterra ha battuto Fiji per 35 a 11. Sei settimane di rugby, 48 partite in 13 stadi, 20 nazionali divise in quattro gironi. Uno spettacolo globale, capace di generare introiti per più di tre miliardi di euro, e seguito da una audience di 800 milioni di telespettatori. Già venduti in prevendita oltre 2,25 milioni di biglietti (95% dei tagliandi disponibili), attesi oltre mezzo milione di tifosi stranieri. Favorita d'obbligo, la Nuova Zelanda, detentrice della coppa nonché dominatrice nel ranking mondiale. La nazionale da battere, secondo i bookmakers (davanti a Inghilterra e Sudafrica) e l'unanime giudizio degli esperti.

L'Italia sbarca in Inghilterra nella sfiducia generale di un'ambiente lacerato da polemiche interne e risultati scadenti. Questa sera l'esordio contro la Francia potrebbe già (almeno virtualmente) decretarne l'eliminazione: in caso di sconfitta, gli azzurri dovrebbero infatti battere un'Irlanda molto quotata per qualificarsi nella Pool D (vincendo ovviamente anche le altre partite contro Canada e Romania).

Un risultato - almeno sulla carta - fuori dalla portata della nazionale del ct Jacques Brunel. L'Italrugby non è mai riuscita a qualificarsi ai quarti di finale nelle sette precedenti partecipazioni, ma illudersi non costa nulla.

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