Non è solo uno spareggio Champions. C'è una montagna da scalare, per il Milan cinese, tornato a coltivare ambizioni per ora non confermate da risultati, prove e classifica. Perché la distanza scavata dagli ultimi anni tra Roma e Milan è chilometrica: 25 punti accumulati in classifica nella stagione precedente, due sonore sconfitte a San Siro di recente (7 gol subiti contro appena 2 segnati) a scandire il declino rossonero e la cifra europea romanista.
«Sento aria di svolta», detta a un certo punto del suo tranquillo sabato del villaggio Vincenzo Montella che non è certo il tipo da fare il ganassa né il suo contrario, come usano taluni suoi colleghi che gridano al complotto e sentendosi accerchiati cominciano a strepitare contro critica ed eventuali pretendenti alla panchina. Discutibile non è la sicurezza del tecnico napoletano semmai la fonte di questa sicurezza: «Il gruppo si sta liberando dell'ansia accumulata dopo Genova e la sua reazione di giovedì sera è un presagio di svolta». Intendiamoci: Vincenzo non può essere felice d'aver sentito e letto di tutto sul conto del suo lavoro, eppure la sua reazione è composta, la chiosa educata. «Mi sembrano critiche ingigantite ed esasperate che non mi turbano», fa sapere con l'uso di aggettivi misurati dietro i quali c'è una frase che sa tanto di mani avanti. «Ho cercato nei precedenti ma non ho mai trovato un gruppo rivoluzionato nel suo organico diventare squadra in due mesi»: ecco la sua verità pronunciata sotto voce, via via trasformata nella metafora della casa, «abbiamo tirato su i pilastri, dipinto i muri, dobbiamo arredarla».
Eppure Montella sa benissimo che non ha molto tempo per completare la costruzione del Milan e che la sfida con la Roma è già uno snodo importante se non decisivo per invertire la rotta e in particolare mettere il silenziatore alle tante critiche. Che coinvolgono anche i suoi rapporti con Mirabelli, definiti tempestosi dai boatos. «La notizia di un attrito è inventata, passo più tempo con il ds che con mia moglie», la replica sull'argomento. Seguita da quella riferita al secondo bersaglio mobile del Milan di questi tempi. «Bonucci è un valore e non un problema per noi, è l'unico che ha vinto nel calcio» sostiene Montella lasciandosi suggestionare dalla tesi secondo cui a complicare l'inserimento dell'ex juventino è l'eccesso di responsabilità, capitano e leader del nuovo Milan invece di pensare a se stesso e al proprio rendimento si preoccupa di aiutare gli altri. «Giovedì non doveva essere lui in marcatura sul primo gol subito» è la segnalazione tecnica per i tanti, specie di estrazione bianconera, che hanno trasformato Bonucci nel secondo capro espiatorio.
Sarà. Ma la sfida con la Roma, dotata di un attacco super e di uno Dzeko con le stelline ai piedi, è la prova del nove per capire se c'è davvero aria di svolta. I segnali arrivano anche dalle scelte di Montella che non abiura il sistema di gioco («si va avanti col 3-5-2, chi non si ritrova si adatterà») ma sceglie il Milan venuto fuori dal mercato con 9 esponenti su 11 (gli unici vecchi sono Donnarumma e Romagnoli) e qualche promozione non proprio scontata.
Una è quella di Borini che prende il posto di Conti e Abate come ala, l'altra è quella di battezzare partner di Kalinic Andrè Silva tenendo fuori Suso per la seconda volta consecutiva: «si adatterà allo schema», la speranza del tecnico. Il test contro la Spal con Silva-Kalinic non fu esaltante. Nessuna accelerazione sull'arrivo del nuovo preparatore: escluso possa essere Massimo Neri, impegnato con la nazionale cinese al seguito di Lippi.
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