Un "no mas" lungo 40 anni. Così Duran perse la leggenda

Il braccio alzato e la celebre frase "Ora basta" nel match contro Ray Sugar Leonard: ma lui l'ha sempre smentita...

Un "no mas" lungo 40 anni. Così Duran perse la leggenda

«Al diavolo! Vai al diavolo!». A chi non sarà capitata una reazione d'istinto: fosse ira o frustrazione. Roberto el cholo Duran se la fece scappare sul ring. Proprio lui che chiamavano mani di pietra, re di Panama uscito dal Chorrillo, quartiere dei diseredati, occhi furenti e impietosi, indomabile guerriero che ti diceva: «La prossima volta ti mando all'obitorio». Fece un gesto, levò il braccio, forse frustrazione davanti a Ray Sugar Leonard che lo stava irretendo: con i pugni, con una danza lontano dai suoi colpi, con linguacce da farlo imbestialire. Ne uscì quel «No màs!» («Basta! Non più!»): due parole che avrebbero scolpito un match, segnato il confine del ricordo. L'arbitro disse di averle sentite. Duran smentì sempre. Ammise di aver detto: «No quiero pelear con el payaso» («non voglio combattere con un clown»). Ma «No mas» è leggenda, il resto cronaca. Sono passati 40 anni, da quel martedì 25 novembre 1980. A New Orleans prepararono uno stadio da 80mila posti: ci furono molti vuoti. Sedere a bordo ring costava dai 500 ai 1000 dollari.

«No màs» è diventato universale: imprinting di un secondo di vita piuttosto che degli 8 round sul ring. La boxe si nutre di flash: un titolo, un'idea. The Fight per il primo Alì-Frazier (1971), Trilla in Manilla per la terza sfida (1975). The Rumble in the Jungle per Alì-Foreman a Kinsasha (1974), The Fight of the century per Jack Johnson-Jim Jeffries (1910), oppure The showdown (la resa dei conti) per Leonard Hearns (1981). Il primo Leonard-Duran (20 giugno 1980) fu The inevitable fight. Ma poche sfide hanno succhiato il marchio dal realmente accaduto: il Massacro di San Valentino tra Ray Sugar Robinson e Jake La Motta (1951). Oppure Bite fight, il match del morso fra Evander Holyfield e Mike Tyson (1997).

Fra Duran e Leonard, comunque due immortali, c'erano 5 anni di differenza. Mano di pietra, nato il 16 giugno 1951, era il più vecchio. Il primo match, mondiale dei welters Wbc, in scena a Montreal 5 mesi prima, celebrò la rabbia e la bontà pugilistica del panamense. El cholo si prese il titolo: voleva dimostrare che Sugar era solo un cocco degli americani, zucchero dagli occhi di cerbiatto che ingannava tutti. Lo spiegò in sintesi: «Una mierda». Per chiarire, chiuso l'incontro, si abbassò i calzoncini sul ring e mostrò il sedere ai giornalisti. La rivincita arrivò troppo presto. Il pugile non sapeva mantenersi nei confini dell'atleta tra mangiare, bere e femmine da letto. Ne seguirono poco allenamento e digiuni devastanti. La mattina del peso e dell'incontro, Angelo Dundee, manager di Leonard, vide Duran scendere dalla bilancia e buttarsi su una tazza di brodo di manzo. Sospirò. Conosceva bene i segnali di chi doveva dannarsi per restare in peso. Quel giorno il campione mangiò due uova, due bistecche, porridge di mais, pesche, toast, piselli, patate, pollo fritto, annaffiate da 5 bicchieri di aranciata. Lo stomaco si dilatò, l'indigestione fece i suoi effetti. Leonard scappava e Duran non lo prendeva, Sugar Ray colpiva e l'altro sentiva cemento sulle braccia. Otto round finchè fu No màs!. All'aria tutto: il credo di una vita. A Panama lo accolsero scrivendo sui muri Verguenza. Howard Cossell, il telecronista della tv americana, confermò di aver sentito il No màs! e librò quelle due parole nell'etere per mandarle all'eterno ricordo.

Ci furono sospetti: fu avviata una inchiesta, la borsa di Duran temporaneamente confiscata. Mano de pedra aspettò nove anni, tra alterne fortune, per ottenere il terzo match da Leonard. Lo chiamarono Uno mas. Ma perse anche quello.

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