"Noi in piedi perché liberi di agire secondo coscienza"

Il ct dell'Ungheria: "Paese tollerante, vedo coppie d'ogni tipo, anche omosessuali. E calciatori di colore hanno preso la cittadinanza"

"Noi in piedi perché liberi di agire secondo coscienza"

L'Italia dei Rossi famosi ha un esponente in più, Marco: ct dell'Ungheria, balzato in prima pagina a 56 anni per il sorprendente percorso della Nazionale che guida dal 2018. Torinese di nascita e napoletano d'adozione, da 9 anni vive e lavora in Ungheria. Ha vinto un campionato, s'è qualificato all'Europeo e adesso spera nel Mondiale. In Italia, nessuna vera occasione: solo Serie C se non più in basso, quando andava bene pagato, sennò erano cause o pacche sulle spalle.


Marco Rossi: perché nessuno le ha dato una chance?


«Servono relazioni e il treno giusto. Forse ho sbagliato io, che ho un procuratore slovacco».


Ha la stessa età e fa lo stesso lavoro di Mancini, compagno alla Samp. Nessuna invidia?


«Scherziamo? Roberto è stato un giocatore grandissimo e si è confermato da allenatore. È partito dall'alto, ma ha saputo meritarsi tutto».


Ha sentito cosa ha detto Zenga sugli allenatori che vanno male e trovano sempre squadra?


«Sì, ma siamo diversi, io non l'avrei fatto».


I suoi modelli?


«Bielsa e Lucescu. Spero di non averne preso solo i difetti».


Ha fatto paura alla grande Germania, dopo aver fermato anche la Francia.


«E col Portogallo eravamo 0-0 fino a 5 minuti dalla fine».


È la sua rivincita? L'Italia si è accorta di lei.


«Non ho rivincite da prendermi con nessuno. Solo tanto orgoglio per come mi apprezzano gli ungheresi. I miei giocatori, i nostri tifosi. All'Allianz, dopo l'eliminazione, hanno cantato il mio nome prima dell'inno. E questo non ha prezzo».


A proposito: guadagna bene il ct dell'Ungheria?


«Con l'ultima squadra che ho allenato in Italia, la Cavese, prendevo 2.800 al mese e me ne hanno pagati solo 5 su 12, gli altri 7 li sto ancora aspettando. Con questo parametro, posso dire che guadagno bene. I soldi sono importanti, ma non tutto: se ne volevo di più, anziché prolungare qui, andavo negli Emirati».


In Serie A c'è ancora qualche club senza allenatore. La Samp in cui ha giocato e lo Spezia con cui ha vinto in panchina un campionato di Serie D. Se la chiamassero?


«Ne ho parlato oggi col segretario della nostra federazione: sono una persona leale e a marzo ho firmato il contratto fino al 2025. Voglio giocarmi le qualificazioni mondiali per ridare all'Ungheria una manifestazione che non gioca dal 1986».


Il presidente Orban la chiama?


«Chiamate poche, ma messaggi tanti. Mi scrive in inglese, chiede, vuol sapere. È un appassionato di calcio».


Orban e l'Ungheria sono di nuovo al centro delle polemiche in Europa per la legge anti-Lgbt.


«Sono sorpreso da tanto clamore, l'Ungheria è una nazione aperta e tollerante, ormai la conosco bene. Vado a passeggio per la città e vedo ogni genere di coppia, anche omosessuale. All'Honved allenavo giocatori di colore, che hanno preso la cittadinanza e vivono qui».


La sua Ungheria non si è mai inginocchiata prima delle partite europee. L'Italia l'ultima volta l'ha fatto a metà. Secondo lei, cosa dovrebbero fare gli azzurri contro l'Austria?


«I calciatori sono prima di tutto uomini. E ogni uomo deve essere libero di esprimersi secondo coscienza. Non è solo così che si manifesta l'anti-razzismo».


Dove

trascorrerà le vacanze?


«In Italia ovviamente. Prima a Torino, a trovare mia mamma che non vedo da un anno e mezzo, causa Covid. Poi Cilento e Sicilia. A fine luglio torno a Budapest, ché ricomincia il campionato».

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