Il numero 10 a Joao Pedro: così non è futuro

L'oriundo "convocabile" solo da gennaio, non è nemmeno entrato in campo

Il numero 10 a Joao Pedro: così non è futuro

Vero, non stava a pennello sulle gracili spalle di Lorenzo Insigne. Però quella maglia, quel numero ispirano l'idea di un cursus honorum. È l'unico momento nel quale ogni appassionato del pallone possa gridare a tutta voce: «Facci sognare». Numero 10, basta la parola. E se sono sogni, fioriranno. Lasciata in magazzino la casacchina di Insigne, stavolta Mancini ha affidato il numero dell'incanto a Joao Pedro, brasiliano naturalizzato nel 2014, sposato ad una ragazza di Palermo, iscritto in nazionale solo in questo gennaio quando la Fifa ha concesso il nulla osta. Qualcuno penserà: proprio all'ultimo arrivato? Ragazzo brasiliano simpatico e bravo, ma ha giocato appena cinque minuti in azzurro e ieri è rimasto addirittura in panchina. E qui potremmo dar ragione al dubbio e allo storcer di naso: Joao Pedro sa segnare e quindi fa sognare, però se il ct avesse regalato il numero e regolato il peso per un ragazzo destinato a crearsi un futuro in questa nazionale? Joao Pedro ha 30 anni, è stato reclutato per disperazione più che per convinzione. Ed ora quel 10... c'è il tanto per far sognare. I gol stanno nel suo piede molto più di quanto si affollino su quelli di Insigne, la qualità calcistica è indubbia, eppure quel pizzico di razzismo calcistico, che contraddistingue la scelta di un numero 10, forse qui prevale sulla bontà tecnica del prescelto.

Intendiamoci, in nazionale si è visto di peggio: Vincenzo Grifo 10 per una partita. Franco Vasquez naturalizzato e sposato alla maglia per due volte, poi tanti saluti. È toccato vedere Balotelli con l'incantevole numero, ma anche Osvaldo e Giovinco, Cassano e Bernardeschi, Di Natale e De Rossi, inestimabili faticatori come Bertini, Benetti e Bagni. Due terzini: De Agostini e Giacinto Facchetti, capitano agli europei 1968. Albertini e Dossena, Berti e Candreva, Juliano e Thiago Motta, altro brasiliano made in Italy così come Omar Sivori è stato un argentino made in azzurro. Quindi di tutto e di più, oltre agli eletti dalla grazia pallonara: Rivera e Totti, Baggio, Del Piero, Antognoni senza dimenticare che Valentino Mazzola e Peppin Meazza erano 10 per definizione.

Mancini conosce la magia del numero e il peso della maglia.

Se l'è portata addosso con bello stile e indomita perseveranza. I gol hanno fatto il resto. Stavolta però non tocca a lui. La scelta è un credo più che un vessillo. Il ct è tipo di fede: e su questo Pedro... edificherò la mia squadra.

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