Mister President

Oaktree sceglie Marotta: 22° presidente e mantiene anche la carica di ad sport. Con questa mossa il fondo non segue logiche americane e valorizza il club

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Alla fine, Beppe Marotta ha detto sì, consentendo a Oaktree la scelta più logica, nonché la migliore. È lui il 22esimo presidente dell'Inter, scelto dal fondo americano prima dell'assemblea e solo formalmente eletto dal cda. «È una grande emozione, ringrazio Oaktree per la fiducia. Conosco il lavoro che mi attende, avrò bisogno di tutta la macchina dell'Inter, che per fortuna ha un grande patrimonio umano». Un presidente italiano, 11 anni dopo l'addio di Massimo Moratti. Un presidente non proprietario, come già era stato Giacinto Facchetti dal 2004 al 2006. «Il valore della memoria ha grande forza, in effetti il profilo di Facchetti somiglia al mio. Ho grandi valori cui ispirarmi per un compito prestigioso e coinvolgente».

Marotta conserva anche la carica di ad Sport, così come Alessandro Antonello quella di ad Corporate. Ne cda entrano anche Alejandro Cano, Katherine Ralph, Renato Meduri, Carlo Ligori, Delphine Nannan (tutti manager di Oaktree), Fausto Zanetton (ad di Tifosy Capital, società di consulenza finanziaria, advisor del fondo), oltre ai riconfermati Carlo Marchetti e Amedeo Carassai. La presidenza dell'Inter, corona la lunga carriera sportiva di Marotta, cominciata nel Varese e proseguita con Monza, Como, Ravenna, Venezia, Atalanta, Sampdoria e Juventus (8 anni, 7 scudetti e mezzo).

Dacché è arrivato all'Inter, nel dicembre 2018, Marotta è stato di fatto il presidente in pectore del club, per lo meno per la parte sportiva. Lui ha scelto prima Conte (mandando via Spalletti) e poi Inzaghi (quando se ne è andato Conte), lui ha fatto il mercato, lui ha tenuto i rapporti con le istituzioni, diventando rapidamente un riferimento anche dei tifosi, che gli riconoscono enormi meriti nelle recenti vittorie, con cui ha oscurato il passato in bianconero.

Astuta la mossa di Oaktree, che non solo dimostra di apprezzare il lavoro in questi anni di Marotta e dei suoi collaboratori (del resto il fondo era di fatto già nell'Inter da tre anni) ma anche ne tesaurizza il valore. L'Inter di Marotta vale più dell'Inter di un manager, di un notaio o di un avvocato. Perché Oaktree è destinato per sua stessa natura (fare soldi) a restare nel club per 2, massimo 3 anni, il tempo di sistemare i conti, chiudere almeno a progetto la vicenda stadio, San Siro o altrove cambia poco, e poi vendere. E così nel pacchetto c'è anche il miglior dirigente italiano, che ha un contratto fino al 2027, ma che da presidente è fuori dal mercato, non più obiettivo per nessuno, che non siano le istituzioni. Un gran colpo, trovato in casa e sfruttato a dovere.

«La nuova proprietà ha a cuore lo sviluppo della società», ha detto Marotta agli azionisti. «L'Inter ha nel Dna la ricerca della vittoria e quest'anno abbiamo celebrato un successo importantissimo. Ma vincere, nel calcio di oggi significa anche e, soprattutto, essere finanziariamente sostenibili». Il ritornello che non può certo essere scordato nel giorno dell'incarico.

«Non esiste vittoria futura senza solidità finanziaria e non esiste solidità senza un equilibrio nel medio termine per i conti dell'Inter. La sfida è difficile, ma va vinta per garantire al club di eccellere e di mantenere il ruolo di leadership che ha conquistato in Italia e a cui ambisce anche in Europa».

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