"È ora di chiudere i conti sulla mia Saslong"

«Con questa pista vicino a casa non ci siamo mai capiti. Ci provo ancora...»

"È ora di chiudere i conti sulla mia Saslong"

«Il superG mi ha soddisfatto, spero che la discesa mi renda felice!». Peter Fill se ne va dal parterre con un mezzo sorriso, ci mette un bel po' prima di raggiungere l'hotel, perché la gara è stata fermata per la nebbia e i tifosi sono in caccia di selfie e autografi. La pista Saslong è a un quarto d'ora dalla sua bellissima casa di Castelrotto, ma Peter in questi giorni ha preferito restare a Santa Cristina, dove dalla finestra della camera vede lo schuss finale della gara e, tempo permettendo, il Sassolungo che la domina e le dà il nome. «Queste sono le gare di casa per me, ma al mattino voglio svegliarmi ed essere a pochi metri dal traguardo. Al pomeriggio poi devo guardare il video, fare ginnastica, fisioterapia...».

E la famiglia? Trova tempo anche per quella?

«Manuela con i bambini sarà qui a fare il tifo, ma io devo restare concentrato. Con questa pista ho conti in sospeso, forse non riuscirò mai a chiuderli, ma devo provarci ancora una volta e continuerò a farlo finché non riuscirò a domarla».

In 25 tentativi mai un podio sulla Saslong. Perché?

«Perché io e lei non ci siamo mai capiti. Ci sono piste su cui dalla prima prova ti senti a tuo agio, sai cosa devi fare, dove passare e dove guadagnare tempo. Ecco, qui non mi succede, anche perché scio con più tensione addosso. Ma non mollo, il risultato di oggi (ieri, l'8° posto nel superG, ndr) mi soddisfa. Ma chiaramente non basta, in discesa voglio molto di più».

Torniamo alla famiglia, la sua compagna Manuela sostiene che da quando sono nati i bambini è migliorato come atleta, perché prima era fissato solo sullo sci.

«Ha ragione. La famiglia è la mia forza, mi carica e mi aiuta ad andare veloce. Quando sono a casa con Manuela, Leon, che ha quasi 4 anni, e Noah, nato nel 2016, riesco a staccare da tutto e quando poi torno a sciare mi sento più leggero e motivato, mi concentro meglio e rendo di più».

Due figli, due coppe del mondo di discesa. C'è un nesso?

«Certo, tanto è vero che ora cerchiamo il terzo bambino e io spero nella terza coppa! Sulla mensola a casa c'è ancora posto, vicino alle altre due sfere di cristallo starebbe benissimo».

E allora riparliamo di sci. Come si sente Peter Fill in questo inizio stagione senza podi per la squadra maschile?

«Non sto benissimo, ho dolori alla schiena e non posso allenarmi quanto vorrei. Ho fatto parecchi esami e sentito mille pareri, nessuno ha capito quale sia il problema, l'unica certezza è che più faccio e peggio è, devo quindi gestire la situazione limitando il lavoro in pista e riducendo i carichi in palestra».

Sciando sente dolore?

«Se faccio curve in scioltezza no, ma quando sto in posizione, allora sì, fa male, e le conseguenze si sentono soprattutto alla sera. Il problema è che sono un po' bloccato, non scio libero e quindi non sono veloce come vorrei e potrei essere».

Nella prima discesa a Lake Louise aveva iniziato con il quarto posto.

«Sì, e due errori mi erano costati il podio. Ero arrivato fiducioso alla successiva di Beaver Creek, pista che amo molto, ma un altro errore commesso in prova mi ha tolto sicurezza».

In

un mese sono morti due discesisti, come fa a convivere con questo pensiero?

«Non è stato facile trovare la motivazione. È stato terribile, ma bisogna andare avanti. Devo farlo, pensieri del genere frenano e basta».

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