Un paese di troppi allenatori a porte chiuse

Contestano, gli allenatori, la conoscenza vera, approfondita, tecnica della materia. Allora, come ha detto ieri Paolo Condò su Sky a Mancini, gli allenatori aprano le porte degli allenamenti ai giornalisti, facciano vedere quello che fanno, come lo fanno, perché lo fanno

Un paese di troppi allenatori a porte chiuse

È l'insofferenza per le domande. È l'insofferenza per le considerazioni. È l'insofferenza per i giudizi. Rudi Garcia aspetta la fine della domanda e dice: «Questa è una cazzata». Il giornalista ha appena ricordato la voce che gira negli ambienti del tifo romanista secondo cui Gervinho sarebbe un cocco dell'allenatore che lo fa giocare anche quando non lo merita. La considerazione può essere superflua, la replica è sicuramente esagerata. Fa il paio con la conferenza stampa precedente a Sampdoria-Inter di sabato, quando Mancini ha attaccato i giornalisti: «Parlate solo di difesa a tre o a quattro, a volte non sapete neppure cosa vuol dire. Ma le rivedete le partite?». La settimana scorsa Allegri aveva risposto male a una domanda nel post partita di Napoli-Juventus.

Contestano, gli allenatori, la conoscenza vera, approfondita, tecnica della materia. Allora, come ha detto ieri Paolo Condò su Sky a Mancini, gli allenatori aprano le porte degli allenamenti ai giornalisti, facciano vedere quello che fanno, come lo fanno, perché lo fanno. Succedeva in passato: ai giornalisti era aperto tutto, guardavano gli allenamenti, capivano, si documentavano, parlavano direttamente con giocatori e allenatori. Oggi i cronisti sono fuori, come il nemico. Se il calcio è una cosa seria, parliamone seriamente. Tutti.

Aprite anche tutte le riunioni tecniche tra presidenti, allenatori e giocatori. Sarebbe un rapporto alla pari, questo. Tutti potrebbero parlare la stessa lingua. Più qualità, più profondità. Più conoscenza. Però vedrete: non accadrà mai.

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