Paltrinieri vince anche se arriva secondo La sconfitta lo rende un po' più umano

Dopo l'oro di Rio troppe aspettative su di lui. È un campione, non un alieno

Paltrinieri vince anche se arriva secondo La sconfitta lo rende un po' più umano

A volte si vincono medaglie d'oro, altre volte in palio c'è soprattutto umanità. L'arte di un grande atleta sta anche in questo: nel saper scegliere il momento giusto per puntare o l'una o l'altra. Gregorio Paltrinieri sa farlo. Quattro mesi fa a Rio aveva afferrato senza tanti complimenti l'oro nei 1500 stile, l'altra sera nei mondiali in vasca corta canadesi si è accontentato del gradino sotto. L'onore del pregiato metallo è andato al discusso coreano Park Tae-Hwan, tanta voglia di rivincita e 18 mesi fermo per doping. Anabolizzanti, mica caramelle.

Gregorio ha vinto e perso allo stesso tempo. Ha vinto perché la seconda sconfitta in quattro anni gli restituisce umanità e consente agli altri, al pubblico, alla gente che ha imparato a seguirlo e amarlo, di riconciliarsi con il buonsenso e di smetterla di considerare atto dovuto ogni sua vittoria. In troppi, nell'ultimo anno, si erano infatti abituati a dare il ragazzone carpigiano sempre e solo vincente. Quasi che la parola sconfitta fosse una contraddizione in termini se associata al suo nome. Per dire: a Windsor i notabili della comunità italiana canadese erano giunti in massa per assistere al successo del campione olimpico. Così come a Rio, pochi mesi fa, per due settimane tutta la spedizione azzurra era poggiata sulle spalle larghe del ragazzo atteso al risultato certo. Trattasi di pressioni aggiuntive, stress vari, scorie che con la gara dell'altra sera si è tolto di dosso. Torneranno, c'è da giurarci, ma forse nessuno d'ora in poi considererà atto dovuto ogni trionfo.

E Greg ha perso perché non era pronto. Ora dice «lo so, non sono brillante in questo momento (14'2194 il suo tempo contro il 14'1551 del vincitore, terzo crono all time e oro anche nei 200 e 400), pensavo di nuotare un tempo inferiore ma il 14'15 non ce l'avevo e Park Tae-Hwan è stato bravo, ho perso contro un campione olimpico (2008) che qui si è presentato in gran forma... E adesso, pian piano, ricomincerò con i miei carichi di lavoro». Ora il suo allenatore, Stefano Morini, dice «la preparazione dopo Rio non è stata pesante. Era giusto lasciare ai ragazzi dei mesi per godersi le medaglie. Sapevamo di non essere al top. Dal 2 gennaio testa bassa e pedalare, come dicevano i vecchi ciclisti. L'arrivo è fissato a luglio, mondiali di Budapest, e bisognerà farsi trovare pronti».

Vale per Greg, vale per Gabriele Detti (bronzo nei 400 e 1500 a Rio e in questi mondiali vasca corta rispettivamente fuori dalla finale e ultimo). Ma vale anche per tutta la minipattuglia azzurra (in undici in Canada) che rientra moderatamente soddisfatta per un bottino di sette medaglie compreso un oro.

Quello della rivincita di Federica Pellegrini nei 200 stile. Perché ha regalato l'unica delusione alla lady di ferro Hosszu (7 ori), perché a Rio era rimasta giù dal podio per un respiro e perché non c'è umanità senza Fede.

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