Le lacrime non sono quelle del professionista, del milionario, del calciatore famoso. Sono quelle di un ragazzo di 24 anni che ama giocare a calcio e che pensava di aver già pagato, profumatamente, il suo tributo alla sfortuna. Ha pianto Mattia Perin, seduto in panchina, appena uscito dal campo. In silenzio, con le mani sul volto. Non voleva crederci, si chiedeva perché. Perché di nuovo lui, perché tanta sfiga. Ancora non lo sapeva per certo ma lo sentiva, lo temeva. Era qualcosa di serio, il ginocchio ha fatto crack.
Pochi minuti di partita, un miracolo su Dzeko, gli applausi della gradinata dietro di lui. Ma quel movimento brusco, quella torsione innaturale del ginocchio sinistro. No, non può essere, non di nuovo. Ci prova Perin, si muove, corricchia, spera che no, sia soltanto una piccola distorsione. Ma non ce la fa, chiede il cambio. Scuote la testa, capisce, scoppia in lacrime. E la diagnosi gli dà ragione. Rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro e tanti saluti alla stagione.
Ancora lui, ancora sfiga. È il terzo grave infortunio subito dal portiere rossoblù e della nazionale. Nel 2015 la spalla cede ed è costretto a star fermo per mesi. Lo scorso aprile a saltare è il ginocchio, quella volta il destro. Operazione, addio alla convocazione per l'europeo che sarebbe arrivata certamente, lavoro e sacrifici, recupero lampo e di nuovo in campo in avvio di stagione. Ora è il sinistro a saltare e un nuovo calvario che comincia. Intervento chirurgico fissato mercoledì a Roma, riabilitazione, mesi di attesa prima di tornare al calcio. Si dirà: i problemi nella vita sono altri, se fai il calciatore c'è di peggio, i soldi rimangono, è ancora giovane. Non ditelo a lui, il ragazzo di 24 anni che si diverte a giocare a calcio, altro non vuol fare e al solo pensare di doversi fermare scoppia in lacrime.
Per lui, il ragazzo Mattia più che il calciatore Perin, si sono mobilitati amici, compagni e avversari che hanno inondato i social network con messaggi di vicinanza e di auguri di pronta guarigione. Dai compagni Burdisso, Izzo e Pinilla, all'ormai ex Pavoletti, al milanista Donnarumma, fino al madridista Alvaro Morata e al presidente della lega Tavecchio.
Tutti ad augurargli di guarire presto, di non mollare e di ritornare in campo il prima possibile. Come ha già fatto e come certamente rifarà. Il dolore passa. Le lacrime di rabbia e frustrazione si asciugano anche così.
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