Chissà mai se Luciano Spalletti avrà invidiato Stefano Pioli anche solo per un attimo? Quella panchina poteva essere sua, ma lui snobbò. E l'Inter pagò tutto l'ingaggio e senza sconti. Proprio vero che ognuno sceglie il suo destino. Il destino dice che ora la squadra sua, cioè il Napoli, e quella che poteva essere sua, ovviamente il Milan, si giocano una partita ai confini di un pensiero scudetto: troppo lungo il tempo per arrivarci, troppi imprevisti da qui alla meta. Diciamo che domani si giocheranno un sogno da scudetto: nel calcio sognare è lecito, vincere è molto meglio. C'è sempre il Milan nel destino di entrambi. Eppure Pioli e Spalletti hanno fra le mani due squadre con il motore da fuoriserie. O peggio: da fuori giri. Dipenderà dalle mani loro e dai piedi dei calciatori.
Visti da fuori, diresti che Pioli è un comprimario di successo e Spalletti un perdente di successo: perchè avrà pur vinto due scudetti in Russia, ma in Italia non ci ha azzeccato molto tra esoneri anticipati, ruggini e attriti con giocatori di fama, grandi occasioni sprecate. Entrambi ex dell'Inter che oggi sta dietro e quasi regala il senso dell'arrancare. Ci starebbe bene un sorrisetto. Nel mondo nerazzurro entrambi hanno cercato di dare il meglio, ma hanno subito la sorte tipica: prima esaltati, poi lasciati cuocere a fuoco lento fin all'esonero. Lo spogliatoio interista è micidiale. Forse non è un caso che anche Inzaghi cominci a soffrire. Conte è scappato per tempo. Eppure l'Inter è stata la fata turchina che ha mutato il loro destino.
Pioli ha ricominciato una scalata passando attraverso la Fiorentina. Spalletti è rimasto fermo fin alla chiamata del Napoli. Pioli da giocatore ha vinto forse più di quanto diceva la sua bontà pedatoria (leggi Juve)e, da allenatore, è stato piacente ma non vincente fin al ritrovarsi nel girone infernale: ossia nel Milan della rivoluzione. Ha navigato con intelligenza e garbo, ha ottenuto il rispetto ed il credo dei giocatori, ha usato intelligenza nel confronto con Ibrahimovic (altri non ci sarebbero riusciti), ha regalato una filosofia di gioco alla squadra. Da qui il comprimario di successo è diventato un primario del successo. E non è finita: svezza giovani, lucida gli anziani, per certi versi un Nereo Rocco nuova formula e meno effervescente nelle parole. Spalletti ha personalità diversa, ma capisce calcio come pochi. Peccato che quando parla rovini tutto: rischia di non farsi capire. Ha trainato il Napoli e le due anime (giovani e anziani sulla via del tramonto) con il sapere tattico. Ora che si è liberato del peso della riconoscenza svezza giovani anche con un pizzico di maniere ruvide. Per certi versi Milan e Napoli si rassomigliano: credendo entrambe all'importanza di un centrocampo di valore e dalle idee chiare, se non sempre sorprendenti.
In tutto questo si vede la mano dei tecnici. Forse oggi giocano il miglior calcio in Italia, perlomeno il più completo. E state certi che, almeno per quest'anno, Pioli e Spalletti non rischieranno la panchina. Nel nostro divorante pallone è già un successo.
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