"Poz, altro che matto... Da ragazzo la sua Italia mi ha cambiato la vita"

L'ala: "Il ct ci fa rendere al meglio. Quell'argento olimpico insegna. Si va ai mondiali per stupire"

"Poz, altro che matto... Da ragazzo la sua Italia mi ha cambiato la vita"
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Achille Jr ha meno di un anno e Achille, suo papà, non lo ha visto nascere perché lo scorso 5 settembre era impegnato agli Europei con la maglia dell'Italia: «Mia moglie era stata la prima a dirmi di rimanere in azzurro e, anche se il Poz mi aveva dato massima disponibilità a lasciarmi partire, avevo scelto di restare». Achille Polonara è fatto così: il dovere prima di tutto, con la complicità di Erika, sposata nel 2019 e già mamma di Vitoria. Con una t' sola, in omaggio al Saski Baskonia, il club di Vitoria con il quale ha vinto la Liga ACB nel 2020: «Io avevo scelto il nome della bimba, lei quello del bambino: averlo chiamato con il mio stesso nome è stato un ulteriore atto d'amore».

Polonara, cos'è per lei la Nazionale?

«Un sogno da vivere in prima persona. Non è una frase fatta, almeno non per me. Vogliamo divertirci e far divertire anche ai prossimi Mondiali (esordio il 25 agosto contro l'Angola, ndr), dopo avere sfiorato una medaglia agli Europei ed essere tornati alle Olimpiadi dopo 17 anni».

Riavvolgiamo il nastro: il ragazzino Polonara che ricordi ha dell'Italbasket?

«Estate 2004, avevo 13 anni ed ero a Porto San Giorgio con la mia famiglia quando gli azzurri, al termine di una partita pazzesca, batterono in amichevole gli Stati Uniti arrivando poi all'argento olimpico: ancora oggi mi vengono i brividi».

Quell'Italia era guidata in panchina da Charlie Recalcati oggi Senior Assistant in azzurro - e aveva in campo Gianmarco Pozzecco, suo attuale ct.

«Un sogno, appunto. Il Poz, che mi ha allenato anche a Sassari, è unico. È il nostro fratello maggiore: per qualcuno è un matto che ama esagerare, in realtà è l'uomo che ci fa rendere al meglio. Con lui siamo tranquilli: in campo ci sono poche regole da rispettare, ma disponibilità e condivisione non mancano mai».

E la squadra di oggi che Nazionale è?

«Tosta, di sicuro. Con alcuni giovani più che promettenti e i veterani che li aiutano a crescere. Andiamo ai Mondiali per stupire: non partiamo battuti contro nessuno, come abbiamo appena dimostrato battendo in amichevole Serbia e Grecia».

Deve essere strano avere come compagno di squadra Datome, che ha già annunciato il proprio ritiro al termine della rassegna iridata.

«Gigi è sempre stato la nostra guida, dentro e fuori dal campo. La sua scelta, avendo appena vinto uno scudetto con tanto di titolo di mvp della finale, ha sorpreso: daremo tutto anche per lui, che certo non si limiterà a fare da spettatore».

Altri veterani, come Hackett e Belinelli, sono stati lasciati a casa pur avendo dato la propria disponibilità: strano o no?

«Se Poz ha deciso così, va bene così pur nel massimo rispetto di chi ha scritto la storia del nostro basket».

Che idea si è fatto del caso Banchero, giocatore oggi degli Stati Uniti dopo essersi detto per mesi disponibile a indossare l'azzurro?

«È un argomento che non mi ha mai interessato. Dico solo che fino a un paio di mesi fa non era nemmeno mai stato in Italia e che era logico che, di fronte alla possibilità di vestire la maglia di Team Usa, avrebbe scelto quella strada».

Quattro stagioni fa lei ha scelto di lasciare l'Italia andando prima in Spagna, poi in Turchia e Lituania: quale il bilancio?

«Più che positivo. A 28 anni era giusto trovare una squadra di Eurolega che mi desse fiducia ed è andato tutto bene, al punto che anche mia figlia è nata in quel periodo. Anche vivere a Istanbul è stato bellissimo, pur se diverso. Quanto alla Lituania, l'atmosfera è pazzesca ovunque ti trovi».

Cosa porterebbe in Italia di quanto vissuto fuori?

«Le strutture sportive della Spagna, per cominciare. E il tifo a favore, sempre: da noi gli insulti sono all'ordine del giorno, in Lituania applaudono chiunque entri in campo anche solo per il riscaldamento. Non ultimo, la capacità che hanno altrove di fare giocare i giovani».

Nonostante tutto, ha appena firmato per la Segafredo Bologna.

«Mi avevano già cercato più volte, è una piazza di Eurolega dove si mangia pane e basket: faremo bene».

Lei è appassionato di tatuaggi: se l'Italia si qualificherà direttamente per i Giochi di Parigi (ammesse le prime

due europee, ndr), ha in mente qualcosa?

«I cinque cerchi li ho già, ma uno spazio lo troverei comunque. Di sicuro devo però completare quello della mia famiglia, altrimenti un giorno Achille Jr. mi rimprovererà».

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