Milano - Lieto evento: abbiamo il Tour d'Italie. E' una manifestazione di nuovo conio, che partirà dall'Irlanda il 9 maggio e terminerà a Trieste l'1 giugno. In estrema sintesi, è l'esatta riproposizione del Tour de France sulle strade italiane. Due settimane e mezza di riscaldamento, qualche tappa nervosa, fino ai due tapponi veri del finale: Ponte di Legno-Val Martello (l'anno scorso cancellata per neve), con Gavia e Stelvio, quindi Zoncolan alla penultima giornata.
Come nel Tour francese, anche in questo italiano inciderà molto più pesantemente la cronometro: una a squadre (inaugurale) di 22 chilometri, una individuale - mostruosamente lunga - di 47 (da Barbaresco a Barolo, molti ne usciranno ubriachi, non per i brindisi), infine la cronoscalata sul monte Grappa, di altri 27. In totale sono 96 eterni chilometri in lotta contro il tempo. Troppi, sfacciatamente troppi. Come e più del Tour. Ma a quel punto meglio l'originale: diffidare delle imitazioni.
Mesta presentazione: già questa scelta del lunedì, che magari richiama qualche parrucchiere in più, già questo clima fintamente garrulo che vorebbe nascondere il megascandalo aziendale (15 milioni spariti, vertici decapitati), già la certezza che Nibali - l'ultimo vincitore, l'ultimo nostro campione - non lo correrà, già tutta questa cornice sepolcrale per poi scoprire pure un triste surrogato del Tour. Ci vuole una bella faccia tosta, come l'hanno avuta tranquillamente, per sparare a tutto volume, in sensorround, in dolby-system, lo slogan della "corsa più dura al mondo, nel paese più bello del mondo". Ma a chi la vogliamo raccontare, a eschimesi e zulù?
Bisogna avere almeno l'onestà e la serenità di dire che ormai il nuovo corso è questo. Tramonta sbrigativamente l'epoca del Giro costruito e venduto come test estremo, il più feroce di tutti, l'unico che davvero possa incoronare il campione assoluto. Domina il luogo comune ripetuto a pappagallo: bisogna fare percorsi più facili, così i ciclisti sono meno incentivati a doparsi. Una fesseria atomica: più i percorsi sono facili, più i signor nessuno si convincono di poter vincere qualcosa, e giù con il doping. Ma non è neppure il caso di insistere: il nuovo dogma è quello dei percorsi facili. Adesso va molto un eufemismo ruffianissimo: corsa equilibrata. Un modo prelevato dal galateo dei damerini per mascherare la realtà di una corsa facile, senza personalità, senza anima.
Che poi i padroni di casa della Gazzetta se la suonino e se la cantino per descrivere le virtù del loro capolavoro, ovviamente è gioco delle parti. La vera verità è però quella espressa da Nibali, osservatore disinterassato, già con la testa al Tour (quello vero): «Saranno decisive le cronometro».
Certo, bisogna capirsi: dipende anche da chi lo correrà, questo Tour d'Italie. Al momento, i sicuri sono Basso e Scarponi per noi, mentre dall'estero ci sono Rodriguez e Evans. Gli altri sono solo ipotesi.
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